Cibo e regali "porta a porta". Così anziani e disabili soli, poveri e detenuti possono sentirsi amati da tante persone
Si sa come nei giorni di festa chi è solo provi più dolore per questa condizione, mentre tutto intorno si festeggia. "Il pranzo di Natale", che le Comunità di Sant'Egidio tenevano ovunque, trasformava questa solitudine nella gioia di condividere una festa. Non solo, ma anche di essere considerati amici e chiamati con il proprio nome quando si riceve un regalo personalizzato.
L'immagine del grande pranzo nella basilica di Santa Maria in Trastevere, luminosa e piena di gente, era un po' l'icona di quanto si svolgeva nelle nostre città, non solo a Roma (qui si raggiungono circa 30 mila persone), ma a Milano, Napoli, Genova, Torino, Catania o altrove. Un piccolo popolo festoso si ritrovava in luoghi straordinari e belli: evento non occasionale, ma espressivo di una rete di solidarietà che segue quotidianamente, nelle diverse situazioni, anziani soli, gente che vive per strada, rom, persone in condizione di povertà, disabili e tanti altri.
Ed è bello parteciparvi perché, come disse Benedetto XVI dopo aver pranzato con i poveri, «qui si confonde chi aiuta e chi è aiutato». Infatti, tanti venivano ad aiutare per cucinare e servire, unendosi a questa famiglia. C'è una bellezza del momento, che si impone con un'immagine di un mondo segnato da profonde differenze, ma seduto alla stessa tavola. Non una mensa per i poveri, ma una festa per tutti. Era bello vederlo, non un'esibizione, ma l'espressione di un'utopia.
Non erano mancate perplessità sul "pranzo in chiesa". Non era un`abitudine quotidiana, ma una festa grande nella "sala bella" della comunità cristiana, collegandosi all'Eucarestia di Natale.
Del resto esisteva una tradizione antica, poi abbandonata: offrire pranzi per i poveri. San Paolino da Nola, nel 395, parla in una lettera di un grande pranzo offerto ai poveri nella basilica di San Pietro da un suo amico cui scrive: «Tu radunasti nella basilica dell'apostolo una moltitudine di poveri, patroni delle anime nostre che per tutta la città di Roma chiedono l'elemosina per vivere».
Quest'anno, però, il "pranzo di Natale" in questo modo non è possibile per la zona rossa e le misure di distanziamento. La solitudine di molti cresce.
Così la Comunità di Sant'Egidio ha deciso di portare il "Natale" a ognuno la Vigilia, il giorno della festa e a Santo Stefano con un pranzo festivo e un regalo personalizzato. La festa diventa una visita di Natale, che manifesta che nessuno è dimenticato perché è povero, anziano o non ha casa. L`organizzazione della festa è più complessa, perché bisogna raggiungere tutti i "partecipanti" negli angoli della città, ma nondimeno significativa. E il nome sul regalo mostra che tutti sono ricordati anche in un momento di dispersione come quello che stiamo vivendo con la pandemia.
Pure i detenuti nelle carceri riceveranno lasagne e regalo. Anche gli anziani, chiusi negli istituti, che hanno vissuto mesi terribili di solitudine e di malattia, riceveranno una visita e un regalo. Erano loro i più felici di uscire il giorno di Natale per il pranzo: mi ricordo i sorrisi e l'indugiare a lungo nella basilica di Santa Maria. Almeno il giorno di Natale sanno che il loro nome è caro a molti. Quest'anno è un Natale diverso, ma non meno solidale e fraterno.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 27/12/2020
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