Passa ai contenuti principali

Papa Francesco in Iraq: una carezza per i cristiani che soffrono


Il patriarca Sako in Vaticano con Papa Francesco a giugno 2018

L'atteso viaggio di Francesco aprirà una nuova pagina di dialogo interreligioso e riconciliazione

Papa Francesco va in Iraq: la prima visita in tempo di pandemia. Un viaggio coraggioso per l'instabilità del Paese. Giovanni Paolo II programmò una visita ai luoghi di Abramo per il Grande Giubileo del 2000, ma si scontrò con il diniego di Saddam Hussein (anche se gli statunitensi erano perplessi su un simile viaggio, temendo fosse strumentalizzato dal dittatore). 

Negli ultimi vent'anni la geografia politica e umana dell'Iraq è stata sconvolta più volte: l'invasione del 2003, l'occupazione del Paese, l'insorgenza di Daesh, la persecuzione dei cristiani e degli yazidi, gli attacchi a tutti i gruppi iracheni. Si vede come la guerra non risolve nulla, anzi peggiora la situazione, anche se nel 2000 il popolo iracheno viveva in sofferenza. 

I cristiani iracheni hanno tanto sofferto. Nel giugno 2014 i miliziani di Daesh (sunniti) occuparono Mosul, da sempre una città dalla forte presenza cristiana. Molti - circa 35 mila - lasciarono la città. Con loro, anche gli sciiti perseguitati dai sunniti e gli yazidi considerati eretici. Le minoranze subirono violenze e discriminazioni incredibili. 

Poi Daesh arrivò alla Piana di Ninive, dove i cristiani vivevano dall'inizio dell'era cristiana. Anche qui violenze, distruzione di antiche chiese, monasteri, fuga dei cristiani. 

Per la prima volta, da quasi 2.000 anni, nella Piana di Ninive sotto il dominio del Califfato non si celebrò la Domenica. A Baghdad, nel 2010, sono state uccise più di cinquanta persone in un assalto terroristico alla cattedrale siro-cattolica, il maggiore tra gli attentati ai cristiani, che hanno colpito anche le loro case costringendoli ad abbandonarle. I cristiani emigrano: prima del 2003 erano 1.300.000 e oggi sono attorno ai 200.000. 

La visita di papa Francesco sarà di grande conforto per i cristiani. Il patriarca Sako, alla testa della Chiesa caldea, la più radicata nel Paese, ha salutato entusiasticamente l'annuncio: «Incoraggerà», ha detto, «gli iracheni a superare il passato doloroso, per la riconciliazione... essendo fratelli differenti di un'unica famiglia, e cittadini della terra di Abramo, l'Iraq, loro casa comune». Si è chiesto: qual è il ruolo della minoranza cristiana, se non incoraggiare il «vivere insieme»? 

Il gruppo maggioritario è musulmano sciita e conta il 62% della popolazione: ha la sua città sacra a Najaf dove si trova la tomba di Alì e dove risiede la più alta autorità sciita dell'Iraq e del mondo, al-Sistani. I sunniti sono il 34,5%: erano egemonici all'epoca di Saddam, che ha perseguitato duramente gli sciiti e combattuto i curdi (anch'essi sunniti). La visita di Francesco è un incoraggiamento ai cristiani, mostrando la loro missione in Iraq e Medio Oriente. 

Ma è anche una nuova pagina di dialogo interreligioso in una terra dove la religione è stata alla base dei conflitti. Il Papa ha firmato un accordo di fratellanza con le autorità sunnite, tra cui il grande imam di al-Azhar. In Iraq ha l'occasione di aprire un dialogo con gli sciiti che, a differenza dei sunniti, hanno una gerarchia che li rappresenta. 

La coraggiosa visita del Papa può cementare la convivenza civile in un Paese intriso di religione, in cui troppo spesso però l'identità religiosa è all'origine dei conflitti. È interessante come tutte le parti religiose, non solo i cristiani, ma gli sciiti, i sunniti e gli altri, guardino alla sua figura come un testimone di pace.

 

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 20/12/2020






Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe