Bisogna rendere protagonisti della nuova storia i dimenticati: è questa la lezione da cogliere
L'enciclica Fratelli tutti non va dimenticata. C'è nella società un consumismo degli eventi e dei discorsi per cui non si apre un vero dibattito alla ricerca di una visione del futuro. Così capita anche nella Chiesa, passando da un fatto all'altro, da un discorso all'altro, pure in tempo di pandemia. L'enciclica Fratelli tutti fa da sfondo agli eventi e agli interventi del Papa di quest'ultimo periodo. È la proposta di ricostruire il mondo a partire da relazioni sociali infrante o inesistenti, dalla miseria, dallo sfruttamento della Terra che crea un'eredità avvelenata per le future generazioni.
In questo sfondo ideale si inquadra l'evento di novembre ad Assisi, The Economy of Francesco, con la partecipazione di giovani economisti e imprenditori del mondo. Il Papa nel suo videomessaggio ha detto: «Da una crisi non si esce mai uguali: usciamo meglio o peggio».
La tentazione delle persone e delle istituzioni è aspettare che passi la "tempesta" e ricominciare come prima, spinti dall'abitudine, dalla concentrazione sui propri interessi, dall'assenza di una visione alternativa. Dopo questa esperienza, veramente unica, della pandemia, si finisce per non trarne una lezione, ma si ritorna al passato. Chi osserva pensoso gli avvenimenti non può accettarlo. Chi vede la crescita del numero dei poveri, aumentata dalla crisi del "mercato della strada" nei Paesi del Sud, non può accettarlo. Né la Chiesa può riprendere le sue attività senza uno sguardo nuovo sulla realtà.
La proposta del Papa è unirsi agli altri «per tessere un nuovo modo di fare la storia». Il primo passo è una storia senza guerra. Ha detto Francesco ai leader riuniti in Campidoglio su iniziativa della Comunità di Sant'Egidio, il 20 ottobre 2020, per incontrarsi e pregare per la pace: «Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti, di tutti i giorni, i mesi, gli anni di guerra che hanno colpito i popoli!».
Un modo nuovo di fare la storia è una nuova economia, che non produca miseria per tanti e ricchezza per pochi: bisogna «stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità in cui le persone e specialmente gli esclusi (e tra questi anche sorella Terra)», ha detto il Papa, «cessino di essere sempre più ai margini e divengano protagonisti». È un sogno?
Questo sogno va preso sul serio e messo in pratica in modo policentrico, a partire dagli ambienti in cui si vive, dalle città, dalla vita sociale, dal quartiere, dalla politica, dalla vita internazionale. È il grande cambiamento che tutti, singoli e comunità, possono introdurre anche senza aspettare che gli altri si muovano.
È il cambiamento della fraternità, il processo che Francesco ha avviato con la sua enciclica. Così egli ha concluso in Campidoglio: «La fraternità, che sgorga dalla coscienza di essere un'unica umanità, deve penetrare nella vita dei popoli, nelle comunità, tra i governanti, nei consessi internazionali. Così lieviterà la consapevolezza che ci si salva soltanto insieme». Non è impossibile.
È l'unica alternativa a un mondo - basta guardare alcuni Paesi - dove le diseguaglianze sono tanto forti e scoppia la violenza, in cui la Terra è depauperata, in cui milioni di persone finiscono in povertà. Non è un discorso politico: è il sogno dei credenti che credono sia possibile vivere il Vangelo. È una proposta umana, pensosa sul futuro dell'umanità.
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