Siria Febbraio 2021 - Foto United Nations |
Il tragico conflitto cominciò nel marzo 2011. Il Paese, da ricostruire, è diventato un'inestricabile matassa politico-militare
Nel discorso al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, papa Francesco ha espresso un auspicio: «Come vorrei che il 2021 fosse l'anno in cui si scrivesse finalmente la parola fine al conflitto siriano, iniziato ormai dieci anni fa! Perché ciò accada, è necessario un rinnovato interesse anche da parte della comunità internazionale ad affrontare con sincerità e con coraggio le cause del conflitto e a ricercare soluzioni attraverso le quali tutti, indipendentemente dall`appartenenza etnica e religiosa, possano contribuire come cittadini al futuro del Paese». È una guerra, quella siriana, dimenticata, anche se i profughi di questa nazione sono ovunque, ambasciatori dolenti di una situazione terribile.
È il decimo anniversario dell'inizio della crisi siriana (marzo 2011) nel quadro delle primavere arabe che, in pochi mesi, degenerò in guerra civile, non ancora finita. Dalle manifestazioni si è passato in breve al conflitto civile, in cui lo Stato, guidato da al-Assad, una vera dittatura, si è contrapposto a un'opposizione sempre più estremista e islamista, mentre i curdi avevano ritagliato una regione autogestita nel Rojava. Non si possono seguire i diversi scenari succedutisi, tutti forieri di morte, distruzioni ed esodi di popolazione. Ritornare nel Paese, oggi, non è facile per i rifugiati, specie se sunniti, perché vengono accolti come traditori o non sono concessi loro i documenti.
Sono entrati in campo tanti: iraniani, russi, Hezbollah (sciiti libanesi) in sostegno al Governo. Poi i turchi, ma anche qatarini, francesi, statunitensi, britannici, sauditi con diversi ruoli, mentre l'opposizione si frammentava. C'è stata la feroce parentesi dello Stato islamico, con esecuzioni e distruzioni (tra cui quella di monumenti a Palmira). Ma Daesh, gli estremisti jihadisti, nonostante la sconfitta, si fanno nuovamente vivi con attacchi all'esercito siriano. La criminalità ha prosperato con rapimenti di persone e commercio di opere d`arte.
Sono sparite quasi 10 mila persone per mano del Governo e degli jihadisti (tra queste il gesuita padre Paolo Dall`Oglio, scomparso dal 2013, e i vescovi siriani Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi). Sono state usate le armi più terribili, da quelle chimiche alle bombe a grappolo.
Chi, come me, ha conosciuto la Siria, la convivenza tra musulmani e cristiani, la bellezza delle sue città, come Damasco o Aleppo, la cordialità della gente, non riconoscerebbe più il Paese dove ci sono rovine dappertutto e dove ogni famiglia ha un morto o più. Ormai è una matassa politico-militare inestricabile, dove ciascuno controlla un territorio, piccolo o grande; dove ci sono ragazzi che hanno conosciuto solo la guerra. La situazione si può congelare così per decenni: c'è chi ci guadagna, ma la maggioranza dei siriani è alla fame, senza cure mediche, senza lavoro.
Bisogna prendere sul serio l'auspicio del Papa e ricostruire la Siria. È un monito impegnativo alla comunità internazionale perché dia pace nella sicurezza a tutte le parti, dal gruppo dirigente ai curdi, alle minoranze. Ma non ci sarà nessuna sicurezza finché il Paese sarà un campo di battaglia e di traffici oscuri. Dipende dai grandi giochi di potere che si proiettano sul Paese mediorientale, ma anche da noi tutti, dalla nostra capacità di non pensare solo ai nostri problemi, ma di chiedere pace per la Siria.
Non lasciamo solo il Papa nel suo appello! In questo mondo globale, segnato da tanti conflitti, devono ritrovare vita interessi e movimenti per la pace che facciano pressione sui Governi.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 21/2/2021
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