Sono passati 10 anni dall'inizio della rivolta in Libia contro Gheddafi, ucciso nell'ottobre 2011. Sembrava la liberazione dalla dittatura, ma il Paese non ha avuto pace in mano a milizie rivali. Il 6 febbraio scorso è stato annunciato un governo di unità nazionale grazie all'azione dell'Onu. Speriamo! È l'inizio di un processo difficile ma necessario, mentre Turchia e Egitto non sono troppo disposti a rinunciare alle posizioni acquisite. Intanto circolano, a servizio di gruppi o istituzioni, personaggi che, per i crimini commessi contro libici e rifugiati, andrebbero assicurati alla giustizia.
Se i libici sono ostaggio dei signori della guerra e delle influenze internazionali, i profughi sono i paria della situazione. L'ultimo fatto è la denuncia civile contro la Marina militare italiana per aver coordinato il respingimento dei migranti in Libia, non direttamente ma mediante privati. A citarla in giudizio sono cinque eritrei sostenuti da una Ong. Nell'atto si parla di 270 respingimenti in Libia, dove non esistono le minime condizioni di sicurezza. I fatti risalgono al luglio 2018. Si tratta delle "riammissioni informali"; pratica più volte stigmatizzata dai tribunali italiani e dalla Corte europea per i diritti dell'uomo. Si impedisce ai migranti (che si presentano al confine, marittimo nel caso libico, terrestre nel caso balcanico) di chiedere la protezione internazionale, in violazione delle direttive europee, della Convenzione di Ginevra e dell'articolo 10 della Costituzione. Chiedere asilo è un diritto, ma per le rotte balcanica e mediterranea i Governi europei da due anni adottano i respingimenti indiretti ("riammissioni informali") con il trasporto delle persone - spesso tramite entità private - in uno Stato terzo, Bosnia o Libia.
Ma come fare riammissioni in uno Stato in guerra? Se ne discute in queste settimane al Parlamento europeo, dopo le accuse contro l'operazione mediterranea della Ue, Frontex, per relazioni con mercanti e lobbysti di armi tramite la guardia costiera libica, oltre che - in questo caso - di cooperazione nei respingimenti sulla rotta libica, balcanica e del mare Egeo. Non migliore è la situazione di quanti sono stati trasportati dalla Libia in Niger tramite l'Oim e si trovano ora bloccati nei villaggi costruiti attorno ad Agadez.
Il nuovo Governo Draghi, che si presenta con un vasto consenso e un volto riformatore, ha la responsabilità di prendere in mano coerentemente i drammatici problemi migratori: bisogna affrontare la questione dei rifugiati intrappolati da anni in Libia utilizzando i "corridoi umanitari" (coinvolgendo possibilmente i Paesi europei), ma anche costruendo un rapporto sano con la problematica migratoria. Occorre riaprire i flussi regolari e controllati dei migranti nel nostro Paese.
Infine, per accrescere la coesione sociale e l'integrazione, va risolta l'assurda realtà dei bambini, figli di stranieri, nati in Italia o che hanno studiato qui, i quali crescono senza cittadinanza nazionale, come meriterebbero essendosi formati (ius culturae) tra italiani. Sono scelte che i governi di centrosinistra hanno tralasciato e quelli di centrodestra avversato. Ma è venuto il momento di guardare a queste problematiche in modo serio, mettendo insieme l'interesse del Paese, motivi di umanità e una vera politica mediterranea.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 28/2/2021
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