Il regno di Abdallah confina con Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq e ospita un altissimo numero di rifugiati
Tutto è complicato e in movimento in Medio Oriente: le crisi si susseguono. Un solo Paese è stabile: la Giordania, su cui regnano gli hashemiti, famiglia che discende dal profeta Maometto. Ora il re Abdallah è stato scosso da una congiura, che coinvolge il fratellastro, principe Hamzah (un tempo erede al trono, che poi ha dovuto lasciare il posto al figlio di Abdallah). Il re ha assicurato che la situazione è sotto controllo e Hamzah ha dichiarato fedeltà al sovrano.
È una faida da famiglia reale, forse un po' più significativa di quella dei Windsor, con le rivelazioni del principe Harry e della moglie Meghan. Si gioca la stabilità di uno Stato al confine di Israele, Siria, Arabia Saudita e Iraq, che si affaccia sul Mar Rosso con il porto di Aqaba.
C'è stato un grande allarme internazionale. Il presidente Biden ha telefonato al re per sostenerlo. La crisi sembra risolta.
Peraltro la Giordania sopporta il carico pesante della sua delicata posizione geopolitica e di un alto numero di rifugiati (i palestinesi prima, poi i siriani, gli iracheni e altri). Il regno hashemita è il secondo al mondo per numero di rifugiati: 72 ogni mille abitanti, una posizione seconda solo al Libano che ne accoglie 156 ogni mille. Va riconosciuta la sua generosità e apertura ai drammi della regione.
La carta geografica della Giordania, con i confini quasi tracciati con la riga, rivela che fu una creazione a tavolino. La volle Churchill nel 1922, quasi cent'anni fa, per dare un trono a un figlio dello sceriffo della Mecca Al-Husein, che si era rivoltato contro gli ottomani a fianco degli inglesi nel 1916 e governava la parte settentrionale dell'Arabia. Nel 1926, i sauditi scacciarono gli hashemiti dalla Mecca, creando l'attuale Arabia Saudita. Un altro figlio dello sceriffo della Mecca, Faysal, regnò in Iraq dal 1921. Suo nipote, succedutogli sul trono, fu rovesciato da un colpo di Stato nel 1958. Ormai, nell'età dei nazionalismi e dei panarabismi, finiva il controllo britannico in Medio Oriente. Vicino all'Occidente restava solo la Transgiordania, divenuta Giordania. Questa controllava - dopo la guerra araba del 1948 contro lo Stato di Israele - una parte della Palestina e di Gerusalemme. Intanto i rifugiati palestinesi affluivano nel regno. Con la guerra arabo-israeliana del 1967, la Giordania perse la parte palestinese in favore di Israele (ma successivamente ha stabilito rapporti positivi con lo Stato ebraico).
Oggi la Giordania, che non ha risorse petrolifere ma è meta del turismo internazionale, ha una popolazione mista, per più di metà arabi giordani, mentre i palestinesi sono circa il 40%. Palestinese è anche la moglie del re Abdallah. L'equilibrio non è sempre facile, ma le tribù beduine sono state sempre fedeli alla monarchia, anche nel sanguinoso conflitto con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina negli anni Settanta.
Con la crisi politico-economica in Libano, la dolorosa guerra decennale in Siria, l'instabilità in Iraq, l'irrisolta questione palestinese, la Giordania è una risorsa strategica di pace. Tuttavia, le recenti fibrillazioni politiche mostrano come ogni Stato mediorientale sia vulnerabile. Questo induce a far procedere in fretta i processi di pace tra israeliani e arabi, e pure con i palestinesi, senza dimenticare la questione siriana. Nessun Paese è un'isola serena in un mare tempestoso. Vale in Medio Oriente, ma quasi ovunque.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 18/4/2021
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