Pompieri in azione in California il 27 Agosto - Foto CALFIRE_Official |
Il luglio scorso è stato il più caldo di sempre. È l'ora di decisioni coraggiose, che sposino ecologia e giustizia
I1 caldo torrido dell'estate ha raggiunto punte preoccupanti. Le alluvioni in Belgio e Germania - ma anche il recente ciclone negli Stati Uniti - sono state impressionanti. È impensabile negare -come fa ancora qualcuno - l'esistenza del cambiamento climatico. Alcuni esperti sostengono che si è aperta l'età dei megafuochi, difficili da domare. Da fine luglio, gli incendi sono stati di dimensioni insolite, consumando milioni di ettari di foreste in pochi giorni. In California il dixie fire ha distrutto 250.000 ettari obbligando molti a fuggire. In Algeria ci sono stati 90 morti per il fuoco. In Italia sono stati contati - soprattutto al Sud - 800 casi in contemporanea. L'isola greca di Eubea è stata devastata con 100mila ettari distrutti, in Turchia 180mila. L'Australia, tra il 2019 e il 2020, ha visto andare in fumo ben 17 milioni di ettari. Il fuoco ha devastato la Siberia (16 milioni di ettari colpiti quest'anno) con temperature oltre i 40 gradi.
Il fuoco aumenta in modo esponenziale la massa di diossido di carbonio disperso nell'aria che contribuisce all'aridità del suolo. Siccità e aumento delle temperature sono all'origine di tutto questo.
Secondo la NASA, il luglio scorso è stato il mese più caldo da quando ci sono registrazioni, cioè dalla metà del XIX secolo. Il riscaldamento terrestre genera fenomeni sempre più gravi. Il problema principale è la perdita progressiva di umidità di foreste e aree verdi. In tali condizioni, per far scoppiare un incendio, bastano l'alta temperatura e il vento. Ci sono molti incendi dolosi. Le conseguenze di tali azioni irresponsabili sono mutate: ora un incendio si propaga con più rapidità per le condizioni del terreno, le stesse, poi, che facilitano le inondazioni. La terra diviene più fragile, arsa, così friabile da non riuscire a sopportare le piogge né a difendersi dalle alte temperature o dal vento. Lo si è visto con il crollo di migliaia di alberi in Trentino nel 2018.
La terra ci sta letteralmente franando sotto i piedi: noi italiani dovremmo saperlo, con un Paese esposto all'erosione e una lunga storia di frane e sfaldamenti. Ma tutta la Terra soffre.
Anni fa, i disastrosi incendi indonesiani hanno inquinato l'aria del Paese per mesi. In Brasile gli incendi per disboscare non sono più controllati e devastano enormi aree. Immagini di drammatiche inondazioni in Bangladesh, Sudan, Sud Sudan o India sono reperibili sul web. Siamo in una congiuntura globale che impone risposte globali, come ha iniziato a fare l'accordo di Parigi del 2016. Quest'anno l'Italia assieme alla Gran Bretagna ha la corresponsabilità della Cop 26, l'appuntamento mondiale sul clima.
È il momento di decisioni più coraggiose per frenare il riscaldamento globale. Hanno un significato anche le iniziative personali nel cambiare gli stili di vita.
Una scrittrice cattolica americana, Alessandra Harris, ha proposto di reintrodurre l'astinenza dalla carne il venerdì, per frenare gli allevamenti intensivi e dare un segnale. Più complessivamente papa Francesco ha scritto nell'enciclica Laudato si`: «Un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull'ambiente, per ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri».
Il grido della Terra non è stato a lungo ascoltato: è tempo di rendersene conto e di uscire dalla sordità. Distruggere la Terra colpisce i poveri ma, alla fine, rende tutti poveri.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 12/9/2021
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