La fede mai ostentata, l'atteggiamento materno, l'azzardo sui profughi. Andrea Riccardi, uno dei suoi migliori amici italiani, racconta un lato poco noto della cancelliera
Al Duomo di Berlino, a pochi passi da casa sua, Angela Merkel si reca di rado. Non vuole farsi fotografare mentre prega.
Coltiva una dimensione estremamente privata della sua fede, non vuole che diventi uno show. La cancelliera ha sempre teorizzato che essere figlia di un pastore protestante non significhi automaticamente essere credenti. Ma chi la conosce bene racconta che Merkel sia in grado persino di riconoscere le diverse edizioni in tedesco della Bibbia. La sua fede è solida, ed è stato anche un impulso importante per uno dei gesti che l'ha resa più famosa: l'apertura delle frontiere ai profughi del 2015. Quel "Ce la faremo" che ha segnato un'epoca, e non solo in Germania, ha anche contribuito a rinsaldare i rapporti con uno degli italiani che la conosce meglio, Andrea Riccardi.
Con la sua Comunità di Sant'Egidio, la cancelliera ha stretto negli anni un rapporto solido, profondo: ha partecipato a Monaco e a Muenster alle preghiere per la pace organizzate da Riccardi, lo è andato a trovare a Roma e lo ha accolto varie volte a Berlino. Per questo Riccardi è una bussola importante se si vuole capire la cancelliera.
Riccardi, come ha vissuto uno dei momenti più drammatici della carriera di Merkel, il suo «Ce la faremo», l'apertura ai profughi del 2015?
«A me è sempre sembrata una grande politica per la sua capacità di coniugare valori umani, senso di responsabilità globale e realismo politico. Quando venne da me nel 2015 era il periodo che precedette quel momento. C'era stato l'episodio della bambina palestinese che si era messa a piangere quando la cancelliera le aveva detto che forse avrebbe dovuto lasciare la Germania. E, sì, in quella fase Merkel era una donna piena di interrogativi. Ho percepito il conflitto tra la sua coscienza cristiana e le responsabilità della politica. La cancelliere era perfettamente consapevole dei rischi di un eventuale gesto generoso verso i profughi, sapeva che avrebbe potuto avere delle conseguenze elettorali. In quell'occasione abbiamo parlato molto e abbiamo convenuto che fosse arrivata l'ora di rendere l'Europa più estroversa».
Lei è stato sempre un importante "ambasciatore ombra" dell'Italia, e non solo nel dialogo interreligioso. Pensa che quel gesto sia anche stato dettato dalla fede di Angela Merkel?
«Sì. Merkel ha una grande capacità di coniugare il realismo della politica con il discorso dei valori, il discorso cristiano e anche molto protestante, se vogliamo. La cancelliere conosce a fondo la Bibbia e sa che in essa l'accoglienza al forestiero ha un grande valore».
Ma Merkel parla raramente della sua fede.
«A me piace molto la sua dimensione privata della fede. E mi piace che le sue parole non siano mai retoriche, mai misticheggianti. La cancelliera coltiva una concretezza illuminata. E un senso politico legato al sentirsi madre. Non voglio dire "Madre della Nazione", ma è vero che la cancelliera ha un atteggiamento materno verso la realtà, verso il senso di responsabilità, verso il suo Paese».
In Germania, quando nella Cdu è nato il suo soprannome, Mutti, "mammina", era inteso in senso piuttosto ironico...
«Invece è importante riconoscerle quell'aspetto. Merkel si è accorta negli anni, ad esempio, dell'importante ruolo sociale della religione per la tenuta della società. Con lei abbiamo parlato spesso dell'Islam e dell'importanza del dialogo interreligioso per la tenuta delle nostre società. Lei ha sempre partecipato ai nostri dialoghi interreligiosi con interesse autentico e ha fatto discorsi molto, molto impegnativi. E poi c'è la sua apertura al Sud del mondo».
Cioè?
«Quando parlavo con Helmut Kohl mi rendevo sempre conto che a lui interessavano l'Europa, la Cina, gli Stati Uniti, la Turchia. Il perimetro dei suoi interessi diplomatici era questo. Con Merkel è completamente diverso: lei si è aperta all'Africa. Ne abbiamo parlato molto, in questi anni, la cancelliera sa che la Comunità di Sant'Egidio è attiva in molti paesi europei. E all'inizio il suo problema era far arrivare veramente gli aiuti all'Africa, fare in modo che i fondi non rimanessero impigliati nella corruzione e che arrivassero veramente alla gente. Poi ha sviluppato rapporti molto stretti con alcuni leader africani, ad esempio con il presidente del Niger. E questa apertura verso il Sud ha fatto di lei un cancelliere davvero globale».
La cancelliera protestante sembra avere un rapporto molto forte anche con papa Francesco. Molto più forte che con altri papi o molto più forte di quello che Kohl coltivava con Giovanni Paolo IL È solo per la loro comune solidarietà nei confronti dei profughi?
«È vero, Kohl chiamava Wojtyla "l'arcivescovo di Cracovia", ne riconosceva i meriti nel tramonto del Blocco sovietico, ma lo riteneva un Papa troppo conservatore. Merkel aveva un buon rapporto con Benedetto XVI, il Papa tedesco. Ma con Francesco ha un rapporto davvero molto forte. Li accomunano temi come í profughi o la lotta ai cambiamenti climatici. E anche quando c'è stato un momento di mancata convergenza, quando è scoppiata la crisi della Grecia, non è mai venuta meno la simpatia personale forte, l'intesa profonda tra i due. E credo anche che ci sia un altro argomento che li accomuni. Sono entrambi convinti che bisogna creare l'Europa».
Intervista di Tonia Mastrobuoni ad Andrea Riccardi su "il Venerdì" di "la Repubblica" del 17/9/2021
Andrea Riccardi è uno dei personaggi della politica e della cultura intervistati da Tonia Mastrobuoni per il suo L'inattesa (Mondadori), la biografia politica di Angela Merkel che sarà in libreria dal 28 settembre.
Bellissima intervista. Angela Merkel è un personaggio straordinario e Riccardi ne offre un quadro molto convincente
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