Sfollati del Tigray - Foto WFP/Leni Kinzli |
I tentativi di "cessate il fuoco" di Usa, Unione africana ed Emirati sono falliti. Intanto i massacri continuano
Un millenario Stato africano, l'Etiopia, sta per dissolversi senza che la comunità internazionale riesca a evitarlo. La guerra è iniziata un anno fa tra Governo federale e la regione del Tigray che rifiutava la nuova costituzione centralista (l'Etiopia ha un impianto fortemente federale) proposta dal primo ministro (e Nobel per la pace) Abiy Ahmed. Fino al 2018, i tigrini avevano governato per 27 anni ad Addis Abeba. Ormai il contenzioso iniziale è stato inghiottito in un gorgo di violenze e rivendicazioni che hanno portato sette movimenti armati ad allearsi contro il Governo, tra cui l'esercito di liberazione oromo. Un anno di violenze, certamente efferate, ha cambiato tanto. Oggi pare difficile un ritorno alla situazione precedente.
Sono falliti i tentativi di "cessate il fuoco", provati da Stati Uniti, Unione africana ed Emirati. Addis Abeba è circondata: i ribelli l'hanno isolata tagliando l'autostrada A2 che la connette con Gibuti. L'interrogativo è se i tigrini porteranno la guerra dentro la capitale o si accontenteranno della caduta del primo ministro. Gli appelli del premier alla popolazione di armarsi e combattere mostrano una disperata perdita di controllo. Nemmeno il tardivo acquisto dei droni turchi è riuscito a fermare l'avanzata ribelle. L'unica forza militare in grado di resistere ai tigrini sono le milizie della regione amhara, che da sole non potranno opporsi a lungo. La reazione del Governo di Addis Abeba è stata quella di scatenare la polizia contro i tigrini presenti nella capitale, moltiplicando, se possibile, un odio etnico che ha già fatto migliaia di vittime civili. Amnesty ha alzato un po' il velo su questa terribile guerra, definita "totale" dagli esperti: l'attacco al Tigray del novembre 2020 da parte del Governo è stato brutale, con la complicità dell'esercito eritreo. Pare che l'Eritrea abbia inviato in Tigray reggimenti composti da soldati musulmani e che abbiano colpito chiese e monasteri: l'idea era ferire al cuore l'identità tigrino-cristiana.
I rapporti di stragi di civili e di stupri sono numerosi. Dopo un iniziale sbandamento, la tradizionale resilienza tigrina è stata più forte della violenza. In pochi mesi, le milizie del Tdf (Tigray Defense Forces) hanno liberato la loro regione. Gli eritrei si sono dovuti ritirare e Abiy Ahmed è rimasto solo.
La risposta tigrina però non è stata meno dura: i massacri sono continuati soprattutto nella regione degli amhara. I tigrini volevano arrivare alla frontiera del Sudan per uscire dall'isolamento, ma non ci sono ancora riusciti. Il rischio è l'internazionalizzazione del conflitto, con il Sudan alle prese con il colpo di Stato e l'Egitto contrario al primo ministro Abiy per la disputa sulla grande diga sul Nilo azzurro. Anche la Cina, che ha molti interessi in Etiopia, è in una situazione difficile.
Si è ormai creato un consenso internazionale per giungere al "cessate il fuoco", ma senza risultato. È un dramma. Il più antico Stato africano, con una antichissima presenza cristiana, indipendente da sempre (salvo la breve parentesi dell`occupazione fascista), è ora in mano a tante milizie. Sarà balcanizzato? Ad Addis Abeba ha sede l'Unione africana, segno di fiducia di tutti i Paesi africani nell'Etiopia. La rivedremo unita e in pace?
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 28/11/2021
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