Il Vecchio continente balbetta. Molti ritengono il conflitto una soluzione accettabile, segno di una coscienza malata. Il Giorno di preghiera voluto dal Papa
Le frontiere europee sono ridiventate bollenti. Dal conflitto nei Balcani, la guerra non tornava così vicina in Europa: l'Ucraina è dilaniata da una grande crisi interna, mentre si sviluppa il tentativo della Russia di essere presente sui territori ex sovietici ed evitare l'accerchiamento occidentale nell'Europa dell'Est.
Ci sarà un'invasione russa in Ucraina? Per scuotere le coscienze papa Francesco ha indetto una giornata di preghiera il 26 gennaio. Il ritorno delle frontiere "bollenti" si spiega anche con l'aumento dell'ostilità nelle nostre società. Dall'invenzione dello scontro di civiltà siamo andati sempre più convincendoci che il mondo è minaccioso e che i vicini non sempre sono animati da buone intenzioni.
La ricerca del nemico è divenuta un'abitudine malata. Dopo l'11 settembre, le guerre del 2000 hanno disseminato l'idea che le crisi si risolvono con le armi. Malgrado i fallimenti (vedi Afghanistan), le guerre sono divenute popolari e la pace ha perso reputazione.
L'Europa si è creduta al riparo dai drammi dei Balcani e poi del Medio Oriente o dell'Africa, convinta che avrebbe potuto proteggere la sua sicurezza. Non ha sentito urgente usare la propria influenza nei conflitti dell'Afghanistan e dell'Iraq, seguendo l'alleato statunitense. Non ha creduto che fosse il momento di prendersi più responsabilità politiche nel Mediterraneo. Non ha infine stimato opportuno un nuovo rapporto con l'Africa sub-sahariana, cui tanto la lega. In altre parole, l'Europa è stata pigra senza un pensiero sulla pace, chiusa nel suo solipsismo, fatto di riti politici.
Queste omissioni le si sono rivoltate contro. Nuovi conflitti, come quello siriano o libico, l'hanno colta impreparata. La crisi migratoria l'ha coinvolta, mostrando la fragilità delle sue frontiere e la mancanza di coesione interna, specie tra l'Est e l'Ovest. L'Africa si è allontanata e ha preferito nuovi partner come la Cina. Cosa ancor più grave, l'Europa si trova oggi senza una vera relazione con la grande vicina Russia (che vuole recuperare almeno in parte l'area di influenza sovietica) e in difficoltà di dialogo con gli Usa.
Che fare di fronte alla minacciata guerra in Ucraina? È avvenuto come se la pace, costata tanta fatica e passione dopo la Seconda guerra mondiale, si stesse disfacendo come un gomitolo che si riduce: age of unpeace (l'era della non pace), afferma Mark Leonard, direttore dell`European Council on Foreign Relations. Ci stiamo progressivamente abituando all'ineluttabilità della guerra con i vicini, come all'impossibilità della convivenza tra diversi.
Si tratta di una crisi spirituale che ha colpito l'Europa mettendo a nudo la gracilità della sua architettura interiore. Molti responsabili europei non fanno che allarmare la società usando linguaggi bellici e scioccamente intransigenti.
L'inquinamento delle coscienze, l'abitudine alla violenza e all'ineluttabilità della guerra avanzano come un virus, contagiando la politica. Si tende a credere che non ci sia troppa differenza tra pace e conflitto, dato che varie forme di guerra ibrida sono in atto. In realtà pace e guerra sono ben distinte e non esiste nessuna inevitabilità.
Una buona politica europea e italiana sarebbe quella di assumersi la responsabilità di un nuovo pensiero pacificatore e iniziare a esplorare audacemente ogni possibile via di riconciliazione in Ucraina e in ogni luogo dove la pace è minacciata. Non ci si può allontanare così tanto da un linguaggio e da una politica di pace perché un giorno la guerra arriva. Con le sue dinamiche travolgenti.
A Kiev il 26 Gennaio esponenti di diverse confessioni si raccolgono in preghiera per la pace - Foto Sant'Egidio |
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 30/1/2022
Commenti
Posta un commento