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Il nuovo mandato del presidente Mattarella, un'occasione da non sprecare nell'interesse di tutti gli italiani

 


Il Paese provato dall'epidemia è impoverito e disunito: va colmata la distanza fra bisogni reali e istituzioni

Tutti aspiriamo a un futuro migliore. Il governo di Mario Draghi ha aperto una prospettiva molto importante per l'avvenire. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dà concretezza e risorse per la rinascita dell'Italia che, durante la pandemia, ha mostrato tante fragilità, ereditate dal passato, e tante debolezze prodotte dalla crisi del Covid-19. Basta pensare che la pandemia in Italia ha provocato oltre 146mila vittime, il numero più alto tra i Paesi dell'Unione europea. L'Italia ha il più alto tasso di giovani, tra i 15 e i 29 anni, non impegnati nello studio, nella formazione o nel lavoro. Un altro fatto preoccupante è il basso tasso di donne al lavoro, il 53,8%, rispetto al 67,3% della media europea. L'Italia ha tanti poveri, anche se non sempre ce ne accorgiamo. Molte famiglie si confrontano con il problema dei pasti quotidiani o con quello della casa o dell'affitto. Talune sono indebitate. 

Nel XXI secolo il nostro Paese si è impoverito: nel 2004 la popolazione al di sotto della soglia di povertà si aggirava intorno al 3.3%, oggi siamo quasi al 10% (esattamente 9,3). Il Mezzogiorno e le periferie delle città sono le aree dove si concentra la popolazione più in difficoltà. Tanti italiani, che non si trovano nell'agiatezza e non mandano i figli a studiare all'estero, stentano a vivere, hanno sete di un futuro migliore. Hanno sete di lavoro, speranza, solidarietà, di essere liberati dalla minaccia dell'indigenza. A questo si deve rispondere. La gente non va più a votare, perché non crede che la politica la riguardi o serva. Non ha voglia (per ora) di protestare contro un sistema che sente indifferente, con cui non ha un legame, che non intercetta i suoi bisogni, che vede in televisione come un "teatrino". 

Alle ultime elezioni amministrative hanno votato meno della metà degli elettori. Al ballottaggio a Roma, si è scesi al 40,7%. Ilvo Diamanti parla di "partito dell`astensione", che ha totalizzato il 54% dei voti. Cioè ha sfiduciato la classe politica e il sistema. O la politica riprenderà a parlare al Paese e a rappresentare la gente oppure crescerà a dismisura il solco tra il "popolo" della vita quotidiana e chi governa. Le conseguenze di questo abisso non sono prevedibili. 

L'elezione di Sergio Mattarella per un secondo mandato al Quirinale è un segnale in controtendenza. Avere tanto discusso del Presidente in modo disordinato, come nei giorni scorsi, non è stato un fatto positivo. L'articolo 87 della Costituzione stabilisce che il Presidente della Repubblica "rappresenta l'unità nazionale". Non è un`espressione formale o cerimoniale. C'è necessità che, in questo Paese spaccato, tra inclusi ed esclusi, periferici e ricchi, che non sente un destino comune per tutti, il Presidente faccia "unità": rappresenti tutti noi. 

Come italiani abbiamo un destino insieme. Ci sono le risorse per costruirlo, ma le istituzioni (di ogni grado) funzionano male e la politica ancor di più. La parola "rappresentare" esprime la necessità del "popolo" di non essere abbandonato ma incluso. Un segnale forte in questo senso stabilizzerà l'attività di governo, che è centrale, e farà vivere gli ultimi tempi di questa legislatura non come un tramonto, ma forse come un nuovo inizio. Sogno? - si chiedeva spesso La Pira, quando avanzava le sue idee. Lo speriamo in molti. Ma, ricordiamolo, una svolta è necessità impellente del Paese. L'elezione di Sergio Mattarella offre una possibilità nuova da non sprecare: non per vivacchiare, ma per trarne una lezione di dedizione all'interesse superiore del Paese.

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