Nessuna ragione nazionalista potrà mai prevalere sull'esigenza di abolire i conflitti, come ripete il Papa
I1 conflitto in Ucraina è una guerra santa? Alcuni interventi del patriarca ortodosso russo Kirill sembrano affermarlo. Nella sua storia, la Chiesa russa si è spesso identificata con la nazione in guerra. Avvenne con l'aggressione tedesca all'Unione Sovietica nel 1941. Il metropolita Sergio (il Patriarcato era vacante dal 1925 e la Chiesa sottoposta alla durissima persecuzione comunista) dichiarò nella chiesa moscovita dell'Epifania, una delle quattro ancora aperte nella capitale: «La Chiesa di Cristo benedice tutti i cristiani ortodossi affinché difendano i sacri confini della nostra Patria». Aggiunse: «Con l'aiuto di Dio, anche questa volta, ridurrà in polvere la forza nemica fascista».
Oggi la situazione è diversa. La Chiesa è forte in Russia. Il grande problema è però che un terzo dei suoi fedeli abitano nell`Ucraina invasa dalla Russia. Infatti il metropolita Onufrij, guida della Chiesa ucraina di obbedienza moscovita, considerato in genere poco incline al nazionalismo ucraino, ha chiesto a Putin di cessare la "guerra fratricida": questa guerra - ha dichiarato - «è una ripetizione del peccato di Caino, che uccise il suo stesso fratello per invidia. Una tale guerra non può essere giustificata né da Dio né dal popolo».
Vari vescovi russi ortodossi in Ucraina non commemorano più Kirill nella liturgia, come deve fare ogni vescovo per manifestare la comunione con il Patriarca. Alcuni vescovi russi all'estero, a Parigi o in Lituania, hanno respinto le tesi di Kirill secondo cui la guerra sarebbe un "combattimento metafisico". Un appello di 270 ecclesiastici in Russia lascia intravedere un malessere nel clero russo, ma forse si tratta di una ristretta minoranza.
Papa Francesco ha avuto una videoconferenza con Kirill e lo incontrerà prossimamente (il meeting era già deciso prima della guerra). Il Papa si è sempre espresso con chiarezza: «Solo la pace è santa e non la guerra!», disse con forza all'incontro interreligioso di Assisi nel 2016. Durante il conflitto, Francesco ha ripetutamente insistito sul fatto che la guerra non solo è inutile (i conflitti possono essere risolti nel dialogo), ma è sempre ingiusta, anzi è una "pazzia".
Le sue posizioni sono state criticate, per esempio in Polonia. Di recente l'arcivescovo maggiore dei greco-cattolici ucraini, Shevchuk, ha chiesto al Papa di rinunciare a una stazione della Via Crucis in cui due donne, una ucraina e l'altra russa, portano insieme la croce e parlano di riconciliazione. Questo mostra lo scenario di tensione ecclesiale in cui si inserisce il messaggio del Papa.
Francesco non è addossato alle vicende politiche. Il dramma ucraino conferma l'esperienza di umanità della Chiesa, enunciata nella Fratelli tutti: «Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male». Non guerra giusta o guerra santa. Ben oltre!
Il Papa giunge a una proposta che sembra utopica: «L'umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell'uomo prima che sia lei a cancellare l'uomo dalla storia». Fin dal lontano 1937, don Luigi Sturzo esprimeva questo auspicio: l'umanità ha abolito la schiavitù, che sembrava necessaria all'economia, non può farlo con la guerra? Oggi questo non è un auspicio ma una necessità, perché - come dice Francesco - se non si cancella la guerra, sarà questa a cancellare l'umanità.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 24/4/2022
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