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Lo slancio mondiale di Francesco


In una stagione di nazionalismi la prevalenza extra europea dei porporati mostra la concreta cattolicità della Chiesa

I cardinali erano anticamente i membri eminenti della Chiesa romana: vescovi delle diocesi suburbicarie (vicine all'Urbe), presbiteri e diaconi. Dall'XI secolo fu affidata a essi l'elezione del Papa, come espressione del clero romano che sceglieva il proprio vescovo. Erano "creati" - come si dice - dal pontefice, anche se con il tempo cominciarono a esserci i "cardinali della corona"; rappresentanti dei grandi Stati cattolici che, in conclave, potevano portare il veto sovrano su un candidato (non sempre accettato dai porporati). L'ultima volta che accadde fu nel 1903, quando il cardinale di Cracovia portò il veto dell'imperatore d'Austria-Ungheria all'elezione del cardinale Mariano Rampolla. Pio X, appena eletto, decretò la scomunica per qualunque potere civile interferisse nell'elezione del Papa, cancellando tale diritto tradizionale. 

Nell'Ottocento cominciò la nomina dei cardinali non europei, anche se il collegio restava essenzialmente italiano. Nel XX secolo, specie nella seconda parte, i papi hanno "internazionalizzato" il Sacro Collegio, tanto che - con l'ultima "creazione" di Francesco - i porporati elettori sono 117 (cinque oltre la soglia dei 112 fissata da Paolo VI), in maggioranza non europei: 21 italiani, 23 del Vecchio Continente, 38 delle Americhe, 20 asiatici, 17 africani, 3 dell'Oceania. A ottant'anni, i cardinali perdono il diritto di voto in conclave. La nomina degli ultraottantenni (in quest'ultimo concistoro il giurista Ghirlanda, gesuita, e altri) è un riconoscimento onorifico. 

I cardinali non elettori sono 91, molti di essi vescovi pensionati. Dal 1918 tutti i cardinali devono essere almeno presbiteri; dal 1962 Giovanni XXIII li ha voluti vescovi o ordinati tali. 

I cardinali, scelti da Francesco, vanno nella linea dell'internazionalizzazione, perseguita fin da Pio XII. Bergoglio, nelle scelte, non privilegia le tradizionali sedi cardinalizie, come Milano, Genova o Venezia, che restano a tutt'oggi senza cardinale. Ha nominato cardinale il vescovo Cantoni di Como, diocesi che mai ha avuto un porporato. Dà un cardinalato a sedi episcopali periferiche, come la capitale della Mongolia, con la nomina di monsignor Marengo, con i suoi 48 anni il più giovane porporato. Marsiglia, grande diocesi francese, con la nomina di monsignor Jean-Marc Nöel Aveline ha avuto il suo cardinale. In Africa Francesco ha scelto un cardinale nigeriano, che era stato rifiutato per motivi etnici dalla diocesi, e uno del Ghana, primo superiore africano dei Padri bianchi, testimone di spirito missionario. Nelle Americhe, il Brasile ha avuto due cardinali; il Paraguay ha visto cardinale il vescovo della capitale, mentre negli Stati Uniti il vescovo di San Diego. A questi si aggiungono tre responsabili di Curia (culto divino, clero, Stato vaticano): un inglese, un coreano e uno spagnolo. 

Il Papa guarda molto all`Asia, facendo cardinali due indiani e l'arcivescovo di Singapore. Anche Timor Est ha avuto il suo cardinale: una terra dalla storia dolorosa con molti cattolici rispetto alla bassa media asiatica. 

La composizione del collegio cardinalizio più che spingere a fare improbabili previsioni sul nuovo pontefice mostra la concreta cattolicità della Chiesa di Roma, in una stagione di scontro di nazionalismi, che attraversa anche le comunità cristiane. La sfida è una globalizzazione cattolica di fede e amore, al servizio di una "civiltà ecumenica" di pace e dialogo. I nuovi cardinali sono chiamati a questa grande impresa in un mondo vasto, a frammenti, ma anche unificato dalla globalizzazione.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 12/6/2022

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