Le guerre in Ucraina, Iraq e Siria hanno effetti nel quotidiano. Informarsi e riflettere è necessario per tutti, specie per chi crede
Votare è una responsabilità, soprattutto quando si vedono le difficoltà di tanti nella vita quotidiana. Quel che manca, dopo il voto, è la partecipazione della gente alla politica: che gli eletti non fuggano nel Palazzo senza dialogo. Ma, forse, da parte degli elettori bisogna trovare il modo per informarsi di più e far sentire il proprio peso. D'accordo - si potrebbe dire - ma che c'entra l'Iraq con noi? O altri Paesi?
Innanzitutto, nel mondo globale siamo tutti legati. Tutto si comunica, specie le conseguenze della guerra e dell'instabilità. La guerra in Ucraina ha causato la crisi del gas, il blocco delle esportazioni del grano che affama parecchi Paesi. La guerra in Siria, che ha provocato sette milioni di rifugiati siriani all'estero, nel 2015 ha diviso in profondità l'Europa di fronte all'accoglienza. I Paesi dell'Est rifiutarono di aprirsi a quote ragionevoli di profughi. Nessun Paese è però un'isola. Tutto si comunica. La crisi ecologica, le cui conseguenze non sono certo fermate dalle frontiere, mostra che il mondo è una casa comune.
Gli scenari internazionali non sono riservati agli specialisti, ma ci riguardano tutti. Oggi riceviamo una gran massa di informazioni e vediamo tante immagini che provengono da Paesi lontani. Che pensare? Non è facile orientarsi e capire. Ma bisogna provare e, alla fine, non è difficile. Capire, essere sensibili, avere un'opinione è un modo di esistere e di contare.
La "globalizzazione dell`indifferenza" (lo disse papa Francesco) ci estranea e ci fa sentire in balia del caos. Così si finisce per invocare lo Stato fortezza; ma le frontiere-mura non proteggono realmente. Sono un'illusione. Invece seguire le vicende internazionali e quelle dei vari Paesi ci fa essere meno spaventati: il mondo non è un caos, anche se è complesso e conflittuale. Non è abitato solo da tendenze negative e distruttive, da cui difendersi.
Per vivere bene questo nostro mondo grande e sconfinato, bisogna informarsi e avere cultura. Come cristiani, non possiamo chiuderci nel nostro ambiente. Informarsi e provare a capire è un modo di vivere una fraternità aperta agli altri, anche se diversi e lontani. Fratel Carlo de Foucauld parlava di "piccolo fratello universale": in fondo ogni cristiano è chiamato a esserlo. L'informazione nutre la preghiera. Del resto la preghiera di ciascuno e delle nostre comunità "protegge" popoli, anche lontani, che ricordiamo di fronte al Signore, il quale non è sordo all'invocazione dei suoi.
La preghiera e la geografia di questo mondo s'intrecciano. È poco il mondo che conosciamo, ma nella preghiera ci ricordiamo di realtà, Paesi, conflitti, che non tocchiamo con mano, ma che esistono e fanno soffrire. L'antico autore cristiano della Lettera a Diogneto (circa dopo la metà del secondo secolo) così descriveva l'atteggiamento dei cristiani del suo tempo: «Abitano nella propria patria come pellegrini... ogni nazione è la loro patria e ogni patria è una nazione straniera».
Insomma, il mondo, a partire dalla propria patria, è una casa comune. Quello che succede, vicino e lontano, ci riguarda.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 25/9/2022
Commenti
Posta un commento