L'uso del nucleare avrebbe effetti devastanti. Milioni di uomini non possono pagare l'irresponsabilità di pochi
La guerra in Ucraina compie un salto: la mobilitazione parziale annunciata da Vladimir Putin e i referendum sull'annessione delle regioni contese. Gesti unilaterali per creare il fatto compiuto.
Ma il vero salto è parlare di minaccia nucleare. Sia Putin, che la cita tra le eventualità e ricorda che non è un bluff, sia il presidente Biden che chiede di non farlo, ne parlano ormai come di una possibilità concreta. Ci stiamo abituando all'idea che si possa giungere all'utilizzo dell`atomica, come mai prima d'ora.
È dirompente: un salto nel vuoto di fronte a cui c'è l`ignoto della distruzione totale. Nessuno sa dove sia la linea rossa che non si può superare, dopo cui scatta la guerra atomica. L'ignoto fa sperare all'infinito che sia solo un incubo, ma non è così.
Chiunque sia in possesso dell'atomica si sentirebbe legittimato a usarla. Questo riguarda anche altre armi disumane, chimiche o batteriologiche, non a caso definite le "atomiche dei poveri".
Anche se l'utilizzo del nucleare fosse limitato, gli effetti a catena sarebbero disastrosi. Non esiste la guerra atomica tattica nel senso di locale: la natura dell'arma lo fa intuire.
Il nucleare è una svolta verso il suicidio dell'umanità. Con Hiroshima è mutata la natura della guerra.
Intanto la mobilitazione parziale in Russia non cambia di molto gli eventi sul terreno. Ricordiamo la Seconda guerra mondiale: in quelle terre combattere è difficile e non sarebbe sorprendente vedere il fronte spostarsi di continuo, a prezzo però di grandi perdite umane. Su quest'ultimo aspetto, i contendenti tacciono: non sappiamo davvero quante siano le vittime, quanti i feriti e i mutilati. Si temono cifre alte. La Russia ha iniziato il conflitto con 200 mila uomini. Sembravano sufficienti: invece la guerra sta divorando una generazione.
La guerra distrugge le capacità economiche russe, anche per via delle sanzioni. A lungo termine l'isolamento di Mosca si rivelerà pesante. Lo mostra l'irritazione russa per il mancato invito ai funerali della regina Elisabetta. I costi in vite umane e la cattiva figura dell'esercito russo hanno conseguenze negative anche per la leadership. Nemmeno per la Russia è possibile nascondere la gravità della situazione.
Ma quella dell'Ucraina è tragica: l'economia è ferma, le istituzioni congelate, i profughi sono milioni. Gli ultimi repentini cambiamenti ai vertici dello Stato, voluti dal presidente Zelensky, mostrano che le istituzioni sono fragili e serpeggiano sospetti. Corruzione, infiltrazioni esterne e classe politica incompetente sono i mali di sempre della debole democrazia ucraina. Il popolo combatte con eroismo contrastando i russi, ma l'élite non pare della stessa qualità.
Siamo di fronte a una guerra che non finisce, iniziata da Putin credendo fosse una "passeggiata", sottovalutando la resistenza degli ucraini e senza capire che offriva all'Occidente un'occasione per indebolirlo. Oggi l'Europa non ha la capacità di trovare una via d'uscita.
Per trovare un invito al negoziato bisogna andare lontano, in una Cina pur vicina alle preoccupazioni di Putin. Siamo tutti di fronte all'ignoto: non sappiamo dove sia la linea rossa, superata la quale, sarà la catastrofe.
Milioni di donne e di uomini non possono pagare l'irresponsabilità e l'imperizia di pochi. Le ragioni per vivere insieme, in pace, in modo giusto e ragionevole ci sono e devono essere più forti di tutto.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 2/10/2022
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