Certi regimi dell'Europa orientale e dell'Africa hanno ridotto lo spazio della democrazia. Occorre vigilare
Siamo alla vigilia del centenario della marcia su Roma e giustamente si discute molto di fascismo. Non solo per ricordare il Ventennio, in cui la democrazia fu abolita e la libertà soppressa. Un periodo in cui l'Italia visse avventure bellicistiche, tra cui la guerra all'Etiopia che, con l'uso di armi chimiche, distrusse uno Stato libero e attuò una repressione vergognosa.
Negli ultimi anni del regime, le leggi antisemite espressero la natura razzista del fascismo, che poi, nella versione della Repubblica sociale, collaborò a deportare gli ebrei nei campi della morte. Fu la Shoah italiana. Poi ci fu la follia della Seconda guerra mondiale al fianco della Germania. Non si dimentichi che il fascismo di Mussolini fu un modello per vari movimenti e regimi, quello di Hitler, ma anche per la Spagna, il Portogallo, la Romania e altri, perfino il peronismo argentino.
Quando celebriamo il 25 aprile, festeggiamo la liberazione da quella triste storia e rinnoviamo la fiducia nella libertà e nella democrazia, sancite dalla nostra Costituzione, frutto della convergenza delle forze antifasciste di allora. Una Costituzione attenta a combattere ogni forma di autoritarismo. Molti italiani, nel Ventennio, per convinzione, inerzia, pressione della propaganda, furono fascisti: con le elezioni della Costituente nel 1946 e le prime elezioni politiche nel 1948 espressero liberamente la loro fiducia nella Repubblica democratica. Del resto il fascismo è storia d'Italia, quella di un Paese cambiato negli anni del regime, che va studiata e capita. Non è una parentesi da demonizzare, ma una vicenda da comprendere e narrare.
Tuttavia, la domanda oggi è: può ritornare quella storia? La vittoria elettorale di Giorgia Meloni, che ha militato nelle organizzazioni giovanili del Msi (che con la svolta di Fiuggi ha abbandonato ogni riferimento al fascismo), ha riproposto la questione. Ma il problema, oggi, non è questo, soprattutto in Italia. Guardiamo in giro per il mondo e per l'Europa: anche se non vediamo regimi che si rifanno direttamente a Mussolini, troviamo comunque regimi autoritari di massa, che sopprimono o riducono lo spazio della democrazia e della libertà di stampa.
Purtroppo 1'89 non ha inaugurato un mondo tutto democratico, come profetizzavano gli ottimisti della globalizzazione. Nella prepotenza dei processi, nell'incertezza del futuro, molti Paesi si sono rifugiati in forme di autoritarismo. Che cosa sta succedendo nell'Ungheria di Orbàn? E nella Turchia di Erdogan, nella Russia di Putin o in Bielorussia? In vari Paesi africani, le democrazie, affermatesi negli anni Novanta, sono in crisi tra colpi di Stato e nuovi autoritarismi. Umberto Eco, in un piccolo quanto prezioso libro dal titolo Fascismo eterno, afferma: a un mondo privo d`identità sociale, il fascismo «dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso Paese... Inoltre, gli unici che possono fornire un'identità alla nazione sono i nemici».
Il fascismo non è un'etichetta o una semplice connessione con l'esperienza mussoliniana, ma qualcosa di attuale e prepotente: una miscela esplosiva di nazionalismo e autoritarismo, di culto dell`uomo solo e di consenso di massa, soprattutto di odio per il pluralismo, il pensiero libero e critico, la complessità della società. È quello che avviene in molte parti del mondo. Concludeva Eco: «Libertà e liberazione sono un compito che non finisce mai».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 23/10/2022
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