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Migranti, l'importanza di una strategia europea: i bracci di ferro sono inutili

I migranti sbarcati l'8 Novembre a Catania dalla nave Geo Barents della Ong Medici senza frontiere - Foto Emiliano Abramo/Sant'Egidio

Si paga il fatto che gli accordi di ricollocazione non hanno meccanismi automatici. Occorre una visione di lungo periodo

In Europa, di fronte a ogni emergenza migratoria, scatta una reazione istintiva: chiudersi a riccio e accusare gli altri Stati di poca solidarietà. Ora l'Italia si sente abbandonata, ma anche gli altri Paesi hanno vissuto la stessa sensazione. 

Bisogna uscire da questo blocco ricorrente e guardare la realtà. Oggi masse di persone si spostano nel mondo per mancanza di lavoro, conflitti, cambiamenti climatici e situazioni invivibili. Guardiamo al Pakistan: le immani inondazioni del mese scorso (un quinto del Paese colpito) incentiveranno il movimento globale delle popolazioni. È miope e inutile litigare tra europei su una crisi planetaria.

Nell'Unione europea si paga il fatto che gli accordi di ricollocazione non hanno un meccanismo automatico. Per questo, la Francia ha minacciato di non volerli applicare con l'Italia, dando una volta di più una valenza negoziale alla solidarietà europea. Tuttavia gli altri Paesi coinvolti, per prima la Germania, pur invitando l'Italia a lasciar sbarcare i migranti soccorsi in mare, non hanno seguito Parigi. Secondo la Commissione europea l'accordo esistente è fragile e incompleto, ma va mantenuto. Ora i Paesi coinvolti stanno abbassando i toni. Intanto la gente soccorsa in mare ha vissuto una lunghissima attesa e un'esperienza terribile. 

C'è la questione delle Ong del mare: si riparla di un codice di condotta come nel 2017-2018. Ma la realtà è più avanti: le navi di soccorso già seguono alcune regole. La procedura utilizzata è la stessa: incontrata una situazione di pericolo, la nave Ong lancia l'allarme alle Capitanerie di porto. Se nessuno reagisce, l'imbarcazione va in soccorso e carica le persone. Poi si dirige verso la costa europea chiedendo un porto sicuro. Sarà difficile trovare un accordo europeo che limiti un'attività in linea con il diritto del mare. 

A destra c'è chi sostiene che si dovrebbero sequestrare le navi Ong appena toccano terra. In passato è stata tentata la via penale senza successo. Ci si vorrebbe affidare ora a quella amministrativa: sequestri in base a vari pretesti. 

Sul respingimento c'è contraddizione: si possono fare quelli individuali e non quelli collettivi. Anche sulla questione dei "Paesi sicuri" (di provenienza dei rifugiati) c'è dissenso. Alcuni Stati scandinavi, come la Danimarca, hanno incredibilmente dichiarato che la Siria è ormai sicura. La Libia resta uno Stato inesistente: la spinta a partire via mare sarà insopprimibile. 

Bisogna che i Paesi europei escano dalla politica dell'emergenza. Ci vuole una visione condivisa di lungo periodo. Anche perché un Paese come l'Italia ha bisogno di immigrati per la crisi demografica e le necessità del mercato del lavoro. 

Per diminuire i flussi gestiti dai trafficanti, si devono ampliare i canali legali di ingresso. In Italia il prossimo decreto flussi non deve essere basato solo sulle chiamate nominative, ma su accordi presi con gli imprenditori. Si deve introdurre il visto per la ricerca di lavoro. Vanno aumentati i ricongiungimenti familiari e reintrodotte le figure dei garanti per l'immigrazione: parenti di stranieri, associazioni, imprenditori devono avere la possibilità di garantire (anche economicamente) la venuta per ricerca di lavoro. Infine per i più vulnerabili (donne, chi soffre la repressione, chi necessita di cure) andrebbe allargato lo spazio dei corridoi umanitari. 

Un mondo caotico e a rischio ambientale produce spostamenti di popolazioni alla ricerca di un futuro migliore: sarebbe una decisione di giustizia e nell'interesse stesso dell'Italia rimettere in piedi il sistema di accoglienza e avviare processi di integrazione.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 27/11/2022

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