Una immagine della manifestazione del 5 Novembre in piazza San Giovanni a Roma - Foto Sant'Egidio |
Manifestazioni come quella di Roma spronano i Governi a tessere la pace ridando vigore all'azione diplomatica
È possibile che una svolta nella guerra in Ucraina non sia ancora all'orizzonte? Le sofferenze sono tante.
Gli ucraini avranno un duro inverno, con il freddo e la mancanza di elettricità, dopo la distruzione di un terzo delle infrastrutture energetiche del Paese. Anche nel mondo russo sembrano calare i sostenitori della guerra. Un giornale russo online, basato in Lettonia, a partire da sondaggi indipendenti russi, informa che in nel Paese il punto più alto nei consensi alla guerra è stato tra marzo e aprile 2022 per poi diminuire dal 25% fino al 16% di settembre (i favorevoli alla pace sono aumentati dal 23% al 27%). Ma la situazione della guerra, a seguito dell`aggressione russa, è bloccata sul piano diplomatico.
Nessuna via, al momento, sembra percorribile tra Kyiv e Mosca. Ci vogliono interventi autorevoli, come quello degli Stati Uniti e della Cina. Interessante è la posizione francese, ma quella dell'Unione non brilla per iniziativa diplomatica. Tuttavia, dagli Stati Uniti sarebbe venuto un invito al presidente Zelensky a non chiudere la porta ai negoziati con la Russia. Una probabile vittoria repubblicana alle elezioni di midterm potrebbe mettere in discussione l'appoggio indefesso statunitense a Kyiv. Il Wall Street Journal rivela che il consigliere statunitense per la sicurezza nazionale, Sullivan, ha avuto contatti con responsabili russi per arginare il rischio nucleare.
Piccoli segnali, che mostrano però come la via della diplomazia non sia del tutto scartata. Non significa che l'Occidente abbandoni Kyiv, ma si bilancia il grande impegno militare con un'azione diplomatica più intensa. Infatti, in questa guerra, ci troviamo in una situazione di "nanismo" della diplomazia. Il futuro non può essere consegnato solo alle armi perché, come ho sottolineato altre volte, guerre di questo tipo rischiano di trascinarsi per anni, senza vinti né vincitori ma con la distruzione del Paese.
Molto significativa, non solo per l'Italia, è stata la manifestazione per la pace del 5 novembre a Roma, che ha raccolto 100 mila persone a San Giovanni, una piazza in cui non dominava la logica di partito, nonostante l'informazione abbia fatto troppo riferimento ai leader politici, ignorando la realtà di questa "alleanza per la pace": gente diversa, lavoratori del sindacato, cattolici di varie provenienze, organizzazioni pacifiste e sociali si sono riuniti, ribadendo la condanna della guerra russa e ricordando come la pace sia l'obiettivo di fondo di ogni politica. Pace non vuole dire debolezza nei confronti degli aggressori. Ne ho parlato come «pace dei forti». Ha scritto, «a chi manifesta per la pace», il presidente della Cei, il cardinale Zuppi: «Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza la pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché gli altri abbiano il coraggio di farlo».
La piazza di Roma mostra che i cristiani non sono irrilevanti: le loro istanze possono essere proposte e sono recepite. Il mondo sindacale ha espresso l'importante alleanza tra pace e lavoro, quel lavoro che nell'Ucraina, colpita dalla guerra, viene a mancare. C'era molta gente comune che voleva socializzare le proprie preoccupazioni per il futuro. Questa nostra società di tanti "io" soli e isolati è stata capace di esprimere un "noi" forte ed eloquente sulla pace.
La sfida futura è a due livelli. Da un lato, ci si chiede se il movimento di Roma potrà contagiare le capitali e le opinioni pubbliche d'Europa. E, d'altro canto, la manifestazione mostra una condivisa cultura politica e civica, che esiste tra la gente: la pace è un ideale di molti. Molti, anche se non in posizioni chiave, possono contare. Questo ideale ha la capacità di unire sentimento, pensiero e concretezza.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 20/11/2022
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