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Rimettiamo la pace nel cuore del futuro

Il gesto di pace a conclusione della cerimonia che ha visto Papa Francesco e i leader religiosi raccolti ai piedi del Colosseo - Foto Sant'Egidio


Cercarla, a livello personale, sociale e politico, non è un atteggiamento da deboli, ma da forti

A che serve dialogare? Non è un'inutile cedevolezza? Sono domande che alla fine esprimono rassegnazione di fronte alla realtà. Infatti quando i credenti pregano insieme, quando immaginano la pace anche di fronte a orizzonti di guerra, si apre sempre una via di speranza. 

Cercare la pace non è un atteggiamento da deboli, ma da forti. Papa Francesco, parlando al Colosseo, dopo la preghiera delle varie comunità religiose, ha detto: «Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l'arma del dialogo». Non sono belle parole, ma l'espressione della forza di pace scaturita dal dialogo e dalla preghiera dei leader religiosi, riuniti a Roma tra il 23 e il 25 ottobre. 

L'incontro si è misurato con la realtà concrete delle guerre in corso e della minaccia atomica (con interventi preoccupati in proposito). Il Presidente Emmanuel Macron ha illustrato la posizione francese sulla crisi ucraina e la Russia. Ma ha aggiunto: «La pace è impura, profondamente, ontologicamente, perché accetta una seria di instabilità, di scomodità, che rendono però possibile questa coesistenza tra me e l'altro». 

La ricerca della pace resta sempre l'obbiettivo di fondo, anche se non si vede immediatamente come arrivarci. Tuttavia è lì che bisogna arrivare. 

In Ucraina. Ma anche in Siria, dove la guerra dura dal 2011 e una generazione di ragazzi non ha visto altro che la guerra nella sua vita. Nel dimenticato Yemen. Nell`Africa occidentale dove imperversa il terrorismo. Nel Nord del Mozambico, dove ormai ci sono 800.000 profughi fuggiti dal terrorismo islamista. 

Non si può prolungare la guerra perché causa morti e rovine, perché fa rischiare l`allargamento del conflitto: «Serve il coraggio di un passo avanti», ha detto il Presidente Sergio Mattarella. Invece, nei primi decenni del XXI secolo si sono compiuti molti passi indietro, anzi siamo a rischio di un passo nel baratro, l'uso dell`arma nucleare. Non ci si illuda che si possa trovare la pace, solo parlando di guerra: «Non si può giungere alla pace esaltando la guerra e la volontà di potenza», ha aggiunto Mattarella. 

Durante l'incontro interreligioso romano, non pochi leader, anche di Paesi in difficoltà, sono stati confortati nella ricerca di dialogo: «il mondo soffoca senza dialogo», disse anni addietro Francesco. Il dialogo fa riprendere fiato alle realtà oppresse dai conflitti. Proprio a Roma si è sviluppata l'iniziativa di Macron (l'ha dichiarato lui stesso), che ha domandato a Francesco di telefonare a Putin, a Biden e al patriarca Kirill per aprire un dialogo. 

Questo passo è avvenuto il 24 ottobre, un giorno prima del cinquantesimo anniversario dell`intervento di Giovanni XXIII che sbloccò la crisi di Cuba, dove si rischiava un conflitto nucleare. Significativamente Francesco ha ripreso le parole di papa Giovanni in quella drammatica contingenza: «Promuovere, favorire, accettare i dialoghi a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra». 

Questo invito è sostenuto dal grido di pace dei popoli che soffrono guerra, violenza, ingiustizia, il cui eco si è sentito a Roma. L'appello finale, lanciato al Colosseo dal Papa e dai leader religiosi, raccoglie questa volontà di pace con parole gravi: «L'umanità deve porre fine alle guerre o sarà una guerra a mettere fine all'umanità».


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 6/11/2022

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