Il basso profilo scelto si spiega con la volontà di aiutare concretamente i perseguitati e tentare azioni di pace
I1 direttore mi ha chiesto di parlare del mio libro, La guerra del silenzio. Pio XII, il nazismo gli ebrei, edito recentemente da Laterza. Lo faccio con qualche ritrosia. Forse sarebbe meglio che un altro ne scrivesse. Tuttavia questo libro è, per me, un punto di arrivo di tanti anni, almeno dal 1976, di ricerche e di scrittura attorno al tema: la Chiesa, i cristiani e il Papa di fronte al grande dramma della Seconda guerra mondiale. Tanti problemi di allora, seppure in altra veste, ritornano oggi e ce li siamo posti anche su queste pagine, parlando di papa Francesco e la guerra in Ucraina o discutendo di vari Paesi investiti dal conflitto. Ci siamo anche chiesti: che cosa possono fare i cristiani e cosa può fare la Chiesa di fronte alla guerra?
Ne La guerra del silenzio ho avuto la possibilità di utilizzare gli archivi vaticani, da poco aperti allo studio. Oltre i documenti diplomatico-politici, emerge una documentazione impressionante sul dramma che investe la Santa Sede e i suoi rappresentanti: tanti ebrei deportati dai nazisti per lo sterminio, masse di rifugiati, prigionieri, sfollati.
Sono rimasto colpito, per esempio, dalle lettere inviate al nunzio in Romania, Cassulo, da una mamma ebrea perché aiutasse le sue bambine a salvarsi. Acclude anche le loro foto. Cassulo fu uno dei diplomatici vaticani più attivi in favore degli ebrei, collaborando con il gran rabbino rumeno Safran.
Un altro prelato molto impegnato è stato Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, allora a Istanbul. Per lui gli ebrei erano i "parenti di Gesù", convinzione non comune nel clero cattolico, dove restavano tracce di antigiudaismo e antisemitismo. Quando ho cominciato a studiare Pio XII, negli anni Settanta, il dibattito era dominato dalla questione dei "silenzi": perché non condannò Hitler? Allora erano vivi tanti testimoni della guerra e dell'azione clandestina della Chiesa (parlai con alcuni e ne capii le motivazioni). Molti istituti ecclesiastici, per esempio a Roma, o gli ambienti vaticani avevano nascosto tanti ebrei (anche antifascisti, ricercati, renitenti alla leva di Salò e via dicendo). Quest'attività clandestina avveniva per iniziativa dei singoli religiosi, ma pure per volere del Papa.
I suoi "silenzi" si spiegano anche con la volontà di continuare l'opera umanitaria e di tentare un'azione di pace. Lo storico, quale sono, non è un giudice che "processa" Pio XII per condannarlo o difenderlo: basta provare a capire e i lettori giudicheranno!
Non voglio qui riassumere le vicende e le ricostruzioni di questo libro. Mi limito solamente a notare come il mondo sia tanto cambiato dalla Seconda guerra mondiale. Anche il Vaticano è cambiato: oggi ha una risonanza mondiale, anche mediatica, mentre allora era una realtà con meno rilievo, confinata per vari anni in un'Europa occupata dai nazisti. Tuttavia, nonostante le notevoli differenze, si vede oggi la difficoltà di papa Francesco di fronte a situazioni di grave tensione.
Il pianista iraniano Ramin Bahrami, intervistato pure da Famiglia Cristiana e divenuto cattolico anche per l'attrazione della musica di Bach, si è interrogato sul perché il Papa non parli sulla repressione nel suo Paese, come fa per altri: «I morti in Iran non sono meno sacri di altri. Non mi spiego questo strano silenzio», ha detto con rispetto. Egli crede che il Papa non voglia turbare i rapporti tra cristianesimo e islam.
Ma forse il problema maggiore sono i cristiani sotto il regime iraniano (150 mila, di cui 22 mila cattolici), che potrebbero essere sottoposti a ritorsioni. La situazione è molto complessa. Una volta, in una conversazione, Giovanni Paolo II disse: «La contraddizione non è mia, ma è della storia».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 18/12/2022
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