Passa ai contenuti principali

Insieme per il lavoro e i poveri. L'incontro del Papa con il leader della Cgil in Vaticano

Un momento dell'incontro di papa Francesco con la Cgil il 19 dicembre

Lotta allo sfruttamento, all'egoismo e alla solitudine sono i valori che devono unire i cattolici e il sindacato

L'incontro in Vaticano il 19 dicembre tra papa Francesco e la Cgil è di grande rilievo. Non solo perché la storia del mondo cattolico con questo sindacato non è stata facile. Nel 1948, a seguito dello sciopero generale dopo l'attentato a Togliatti, la corrente cattolica uscì dalla Cgil. Negli anni successivi ci furono dure contrapposizioni e, nonostante gli avvicinamenti e le collaborazioni, l'unità sindacale non è stata restaurata (anzi, si è conosciuto un processo di frammentazione). 

La Cgil è il più grande sindacato italiano con più di cinque milioni di iscritti. Continua idealmente la Confederazione generale del lavoro, fondata nel 1906 e sciolta dal fascismo. L'incontro tra il Papa e la Cgil ha avuto un contenuto importante. 

Già lo si è colto dal saluto del segretario generale, Maurizio Landini, che ha parlato di «realizzare, qui e ora, quella rivoluzione culturale e quella trasformazione sociale di cui anche noi avvertiamo il bisogno». Tale trasformazione è in sintonia - ha dichiarato - con la visione di Francesco. 

Si vede la fecondità del pensiero sociale di questo Papa che "esce" dal recinto cattolico e interpella il mondo laico e del lavoro. Landini ha fatto riferimento a una collaborazione tra laici e cattolici, tra lavoratori e cittadini, ricordando la manifestazione per la pace dello scorso 5 novembre a piazza San Giovanni a Roma. C'è un percorso comune da fare - ha suggerito - per cambiare una società fondata su competizione, sfruttamento, egoismo, solitudine: «Oggi abbiamo bisogno di costruirci in un "noi" che abita la casa comune», ha concluso con le parole di Francesco. 

Il Pontefice ha ripreso il discorso: «Il lavoro costruisce la società. Esso è un'esperienza primaria di cittadinanza, in cui trova forma una comunità di destino». È una risposta alla crisi della democrazia verticalizzata, in cui troppi si astengono o confidano emotivamente in un leader. Infatti Francesco ha aggiunto: «Nella trama ordinaria delle connessioni tra le persone e i progetti economici e politici, si dà vita giorno per giorno al tessuto della "democrazia". È un tessuto che non si confeziona a tavolino in qualche palazzo... Viene dal "basso", dalla realtà». 

Nel quadro di ricostruzione di una comunità di destino, ha un ruolo decisivo il sindacato (a lungo considerato una complicazione per chi vuole rapporti di lavoro fluidi e individuali): «Non c'è sindacato senza lavoratori», ha affermato il Papa, «e non ci sono lavoratori liberi senza sindacato». Sì, perché il lavoratore, anche in una condizione di dipendenza, deve essere libero: lo è attraverso il sindacato e il lavoro vissuto come partecipazione a una comunità di destino. Altrimenti la società democratica si impoverisce e il lavoro viene sfruttato. Qui il Papa ha chiamato il sindacato a essere «voce di chi non ha voce», parlando di lavoratori poveri, di «schiavitù», di maternità disprezzata, delle troppe morti sul lavoro. La storia della Chiesa con i lavoratori dura almeno dalla Rerum novarum (1891), ma ha raggiunto con Francesco un punto alto. 

Per ricostruire una società desertificata dalla solitudine dell'io, c`è bisogno di «alleanze e non contrapposizioni sterili», il Papa ha raccomandato alla Cgil. Vale la pena richiamare le parole del grande rabbino britannico Jonathan Sacks: «Quando ci spostiamo dalla politica dell`"io" a quella del "noi", riscopriamo quelle verità... che trasformano la vita: che un Paese è forte quando si prende cura dei deboli, che diventa ricco quando si occupa dei poveri, che diventa invulnerabile quando presta attenzione ai vulnerabili».


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del I/1/2023




Commenti

Post popolari in questo blog

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe

La Chiesa non si deve rassegnare a un paese fatto di "sonnambuli": dalla sua storia e dal suo vissuto emergono energie di fede e speranza che fanno bene a tutti, vecchi e nuovi italiani

Migranti latinoamericani a messa dal Papa Sono "sonnambuli" gli italiani secondo il rapporto del Censis. Ma una comunità con meno fedeli ha energie di fede In che mondo gli italiani vivono la loro fede? Il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, la  57a edizione di un'analisi che ha accompagnato la storia italiana, ci aiuta - grazie alle intuizioni di Giuseppe De Rita - a guardare alle dinamiche del presente e del futuro. Non si può pensare alla fede fuori dalla realtà umana degli italiani. Tante volte l'idea di cambiare la Chiesa viene declinata in maniera interna e autoreferenziale. Gli italiani, oggi, non sono quelli che vissero il Vaticano II o le crisi vitali degli anni Sessanta-Settanta. Non sono il Paese "forte", che resistette al terrorismo, in cui il cattolicesimo era una componente decisiva.  Oggi - dice il rapporto - l'Italia è un Paese di "sonnambuli": «il portato antropologico della difficile transizione dalla grammat