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Bruciare il Corano: un'offesa ai musulmani e a tutti i credenti

Copia del Corano del XVII secolo conservata al museo del Bardo, in Tunisia - Foto di Sami Mlouhi da Wikimedia Commons

Il gesto blasfemo strumentalizza la libertà di espressione. La condanna di papa Francesco

È particolarmente grave il gesto, compiuto a Stoccolma da Salwan Momika, di origini irachene: stracciare un Corano e incendiarlo davanti alla grande moschea della capitale. Le autorità svedesi erano al corrente dell'intenzione dell'uomo e hanno permesso che agisse in nome della libertà di opinione. La sua "manifestazione" è stata seguita dalla polizia. Solo più tardi, di fronte alle reazioni internazionali, il Governo ha condannato l'atto come islamofobo e offensivo della comunità musulmana nel Paese. 

In realtà non è solo un'offesa ai musulmani svedesi, ma anche a quelli del mondo intero, come si è visto dalle reazioni internazionali, Turchia in testa. 

Del resto, era quello che voleva Salwam Momika, il protagonista dell'atto blasfemo in una festa importante per l'islam, quella di Eid al-Adha, la festa del sacrificio, e in un luogo significativo, fuori dalla moschea di Stoccolma. Sarebbe questa un'espressione della libertà di pensiero? 

Piuttosto si tratta di una strumentalizzazione della libertà per offendere volutamente i sentimenti di centinaia di milioni di credenti musulmani di tutto il mondo. Non solo musulmani. Sono stati colpiti tutti i credenti di altre religioni, come quanti rispettano la fede altrui e i suoi simboli. 

L'impatto offensivo del gesto è stato così forte che papa Francesco ha voluto dichiarare: «La libertà di espressione non dovrebbe essere usata come scusa per offendere gli altri». Quali opinioni esprimeva quell'atto? Se Salwam Momika avesse voluto manifestare opinioni critiche verso l'islam non aveva bisogno di una spettacolarizzazione così offensiva. In realtà è stata un'esibizione individuale, a misura dell'ego del protagonista, senza tener conto dell'altrui sensibilità e delle conseguenze dei propri gesti. 

Si accendono fuochi di odio e non si temono gli incendi. Ha detto saggiamente Francesco: «Abbiamo bisogno di costruttori di pace, non di istigatori dei conflitti. Abbiamo bisogno di vigili del fuoco, non di piromani. Abbiamo bisogno di predicatori di riconciliazione, non di persone che minacciano la distruzione. O costruiamo il futuro insieme, o non ci sarà futuro». 

Mi sembra che il rogo di Stoccolma, che non è il primo atto di questo tipo in Svezia, avvenuto con il permesso delle autorità, mostri l'assenza di senso di responsabilità civile e la mancanza di rispetto per il sentimento religioso altrui. Nel proprio Paese e nel mondo. Perché oggi tutto è amplificato dall'eco globale di atti spettacolari e offensivi. Le parole e i gesti vanno lontano. Lo si è visto con le reazioni anche in Iraq, Marocco, Giordania e altrove. Quella di Salwan Momika non è l'Europa della libertà contrapposta a un'Europa spaventata dei musulmani. 

L'Europa, in cui crediamo, è il continente, sì, della libertà, ma anche della coscienza del valore che le diverse religioni e i loro simboli hanno per miliardi di persone. È l'Europa che guarda lontano, non limitandosi a esercitare i diritti dell'io, ma che è capace di collocarsi nel mondo. E questo nostro mondo, con tutti i roghi di violenza, odio e guerra, non ha bisogno di altri fuochi.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 16/7/2023

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