Il cardinale Matteo Maria Zuppi con il presidente Joe Biden |
Il cardinale Zuppi è stato a Washington dal 17 al 19 luglio dove ha incontrato anche il presidente Biden. Nel lungo e cordiale incontro, il cardinale gli ha consegnato una lettera di Francesco e gli ha manifestato "il dolore del Papa per la sofferenza causata dalla guerra".
La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in regioni dove la sofferenza è acuta.
Attraverso Krajewski, Francesco è in diretto contatto con la situazione ucraina e ne viene costantemente aggiornato. Insomma, il Papa segue la guerra da vicino. Ha auspicato tante volte che s'individuino percorsi che ne portino alla cessazione. A poche settimane dall'inizio del conflitto, nel marzo 2022, ha detto: «In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un'operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini».
Gli appelli si sono susseguiti. Non è mancato il sostegno del Papa ai Paesi europei che accolgono i profughi ucraini, a cominciare dalla Polonia. Infine, a giugno Francesco ha deciso di compiere un passo ulteriore, che manifesta la sua volontà di non essere uno spettatore addolorato ma inerte: mandare un suo inviato a Kyiv e a Mosca. Non si tratta di una mediazione, che non è stata richiesta, ma di un gesto significativo, che esprime ancora una volta il dolore del papa e il suo auspicio perché la guerra non si prolunghi. L'ulteriore passo a Washington mostra come la Santa Sede non si rassegni alla situazione, ma intenda battere la porta dei governi con un inviato papale.
E anche un'indicazione ai governi del mondo, a quanti possono aiutare la fine del conflitto (dagli USA all'Europa, alla Cina, alla Turchia, ai Paesi del "Sud globale").
Insomma, la manifestazione di una speranza,sostenuta dalla preghiera per la pace del popolo cristiano in tante nazioni. Ci sono state reazioni scettiche alla missione di Zuppi in alcuni settori cattolici. Forse, come cristiani, ci siamo troppo abituati a seguire passivamente il corso della storia. Forse, c'è oggi un atteggiamento corrosivo, per cui ogni gesto del Papa va criticato. Invece i Papi, da più di un secolo, non hanno mai accettato la guerra come ineluttabile. Talvolta li si è accusati di disfattismo. Altre volte di avere un atteggiamento sopra le parti, ingiusto rispetto alle dinamiche belliche che vedono aggressore e aggredito. Però c'è un polo cristiano che segue il Papa e prega per la pace. Entrando casualmente in una chiesa ho sentito l'adesione intensa dei fedeli alla preghiera per la pace e il Papa. La Chiesa crede alla forza debole della preghiera che può spostare le montagne. Non solo all'azione umanitaria e al dialogo, ma anche all'invocazione per la pace.
La sofferenza della guerra è stata al centro del colloquio. L'inviato del Papa si è chiesto come alleviarla. Le questioni umanitarie sono state un tema rilevante nelle conversazioni perché la Santa Sede è molto impegnata su di esse. Il colloquio ha toccato gli sviluppi del conflitto, iniziato un anno e mezzo fa con l'attacco russo. La Santa Sede, come ha già manifestato il card. Zuppi sia a Kyiv che a Mosca, è preoccupata per il suo prolungarsi. Nel viaggio a Kyiv il cardinale aveva constatato le condizioni di vita del popolo ucraino. A sua volta l'elemosiniere del papa, il card. Krajewski, si è recato più volte in Ucraina, anche in regioni dove la sofferenza è acuta.
Attraverso Krajewski, Francesco è in diretto contatto con la situazione ucraina e ne viene costantemente aggiornato. Insomma, il Papa segue la guerra da vicino. Ha auspicato tante volte che s'individuino percorsi che ne portino alla cessazione. A poche settimane dall'inizio del conflitto, nel marzo 2022, ha detto: «In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un'operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini».
Gli appelli si sono susseguiti. Non è mancato il sostegno del Papa ai Paesi europei che accolgono i profughi ucraini, a cominciare dalla Polonia. Infine, a giugno Francesco ha deciso di compiere un passo ulteriore, che manifesta la sua volontà di non essere uno spettatore addolorato ma inerte: mandare un suo inviato a Kyiv e a Mosca. Non si tratta di una mediazione, che non è stata richiesta, ma di un gesto significativo, che esprime ancora una volta il dolore del papa e il suo auspicio perché la guerra non si prolunghi. L'ulteriore passo a Washington mostra come la Santa Sede non si rassegni alla situazione, ma intenda battere la porta dei governi con un inviato papale.
E anche un'indicazione ai governi del mondo, a quanti possono aiutare la fine del conflitto (dagli USA all'Europa, alla Cina, alla Turchia, ai Paesi del "Sud globale").
Insomma, la manifestazione di una speranza,sostenuta dalla preghiera per la pace del popolo cristiano in tante nazioni. Ci sono state reazioni scettiche alla missione di Zuppi in alcuni settori cattolici. Forse, come cristiani, ci siamo troppo abituati a seguire passivamente il corso della storia. Forse, c'è oggi un atteggiamento corrosivo, per cui ogni gesto del Papa va criticato. Invece i Papi, da più di un secolo, non hanno mai accettato la guerra come ineluttabile. Talvolta li si è accusati di disfattismo. Altre volte di avere un atteggiamento sopra le parti, ingiusto rispetto alle dinamiche belliche che vedono aggressore e aggredito. Però c'è un polo cristiano che segue il Papa e prega per la pace. Entrando casualmente in una chiesa ho sentito l'adesione intensa dei fedeli alla preghiera per la pace e il Papa. La Chiesa crede alla forza debole della preghiera che può spostare le montagne. Non solo all'azione umanitaria e al dialogo, ma anche all'invocazione per la pace.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 27/7/2023
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