Giovanni Paolo II accolto alla sinagoga di Roma dal rabbino capo Elio Toaff il 13 aprile 1986 |
Nonostante la tradizione della sua Polonia ci insegnò ad amare fraternamente il popolo d'Israele
Si resta sorpresi dell'emersione nelle nostre società dell'odio nei confronti dell'ebreo. Com'è possibile che la Shoah non abbia cancellato l'antisemitismo dopo quanto di terribile è accaduto al popolo ebraico?
Non sono bastati sei milioni di ebrei uccisi dal nazismo per capire il male dell'antisemitismo. Lo si credeva, ma non è stato così. Il negazionismo ha cominciato a operare fin dai lager con la distruzione delle prove da parte nazista. Soprattutto con il terribile sarcasmo degli aguzzini verso gli ebrei: chi vi crederà? La memoria della Shoah è stata la grande risposta all'antisemitismo dal secondo dopoguerra. Ha fatto crescere la coscienza che "siamo tutti sulla stessa barca". Il pastore evangelico tedesco, Martin Niemöller, nel 1946, pronunciò queste parole:
«Quando i nazisti presero i comunisti, / io non dissi nulla/ perché non ero comunista. / Quando rinchiusero i socialdemocratici / io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico. / Quando presero i sindacalisti, / io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista. / Poi presero gli ebrei, / e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo. / Poi vennero a prendere me. / E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa».
L'antisemitismo viene da lontano. L'antigiudaismo cristiano motiva le crudeli espulsioni degli ebrei dalla Spagna del 1492. Nonostante molti ebrei spagnoli fossero stati accolti nel mondo musulmano, non si può dimenticare l'esistenza dell`antisemitismo musulmano. Nel XX secolo, nel mondo arabo, avvengono veri e propri pogrom contro gli ebrei tanto che in 800 mila lasciano i Paesi arabi. La nascita dello Stato d'Israele nel 1948 e l'irrisolta questione palestinese sono l'occasione per un rigurgito antisemita musulmano.
Le scelte politiche d'Israele (come negli ultimi tempi, dopo il feroce attacco dei terroristi di Hamas, il 7 settembre) divengono occasione per scagliarsi contro gli ebrei, anche in diaspora. A Roma sono state divelte pietre della memoria ed è comparsa sulle mura dell'antico quartiere ebraico la stella di Davide con il segno di uguaglianza con la svastica. È quella che Deborah Lipstadt chiama la "tossificazione d'Israele".
Da parte loro, i cattolici, che nell'Ottocento avevano visto - almeno in larga parte - gli ebrei come "nemici" della Chiesa e partecipi della "congiura" moderna che voleva eliminarla, hanno invece compiuto passi importanti. Jules Isaac, storico francese di origine ebraica, che aveva perso la sua famiglia nella Shoah, ha chiesto ai pontefici - fin dal dopoguerra - la rinuncia all'"insegnamento del disprezzo", cioè all'antigiudaismo cristiano.
Il Concilio Vaticano II ha chiarito con fermezza il ripudio di ogni antisemitismo da parte della Chiesa, suscitando perplessità tra i più tradizionalisti e i cattolici arabi. San Giovanni Paolo II, papa particolarmente sensibile ai rapporti con gli ebrei, molto distaccato dalla tradizione antisemita cattolico-polacca, ha affermato durante la visita alla sinagoga di Roma nel 1986: «La religione ebraica non ci è "estrinseca", ma in un certo qual modo, è "intrinseca" alla nostra religione».
Oggi bisogna riaffermare con forza i legami tra ebrei e cristiani. Ha giustamente detto il cardinale Zuppi, presidente della Cei: «La Chiesa non è solo vicina [agli ebrei], ma considera ogni attacco a loro, anche verbale, come un colpo a sé stessa e un'espressione blasfema di odio».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 26/11/2023
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