Passa ai contenuti principali

Espatriare i richiedenti asilo in Albania non è la soluzione

La firma dell'accordo tra il governo italiano e il governo albanese  il 6 Novembre - Foto da governo.it

L'accordo tra Roma e Tirana crea solo problemi e dimostra che non si sa gestire il problema

La premier Meloni ha firmato un accordo con l'Albania per operare la selezione tra i richiedenti asilo in due centri sul territorio albanese, extraterritoriali e controllati dall'autorità italiana. Intende così evitare una parte della presenza dei migranti in Italia. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha espresso un parere positivo sull'accordo. La decisione non ha ottenuto però l'unanimità in Albania, suscitando forti proteste in Parlamento, nei partiti di Berisha e altri, i quali ritengono che il loro Paese sia trattato come Stato di second'ordine in cui si scaricano gli indesiderati. Non così il primo ministro albanese Edi Rama, socialista ma all'origine dell'accordo con Meloni. Ci sono questioni giuridiche di rilievo: i richiedenti asilo, portati sul suolo albanese, escono dal territorio italiano, che consiste nella nave che li ha imbarcati: transitano per l'Albania, uscendo dalla giurisdizione dell'Unione Europea per passare per un territorio non Ue. 

Non si configura come un respingimento, anche perché avviene prima che la richiesta di asilo sia vagliata? In ogni caso, giunti nel centro extraterritoriale, i richiedenti dovrebbero espletare lì le domande di richiesta di asilo e tutta la procedura. Quasi sicuramente l'accordo che istituisce le zone extraterritoriali dovrà passare per il Parlamento. Vedremo poi la reazione all'accordo da parte della Commissione Ue e della Corte europea dei diritti dell'uomo. 

D'altra parte i richiedenti sarebbero costretti a restare nei centri, ma ciò può avvenire solo se "fermati". Il fermo, disposto dalla polizia italiana, va convalidato da un giudice italiano entro 48 ore, mentre il richiedente ha diritto di essere sentito dal magistrato, a una difesa e a far ricorso. In caso di processo d'identificazione e controllo per l'asilo (per cui serve il trattenimento), un giudice di pace deve confermarlo in 96 ore. Ottenerne la presenza in Albania è difficile. 

Poi la magistratura accetterebbe di operare in un centro extraterritoriale? Quali i costi per trasferire in Albania la procedura? Quali i giudici competenti per una procedura in un Paese terzo? Solo chi arriva da Paesi sicuri può essere trattenuto per le "procedure accelerate di frontiera" e non chi giunge da Paesi non sicuri. Siccome il triage potrà avvenire solo nei centri, c'è il rischio di trattenere chi non deve esserlo, scatenando tanti ricorsi. E che accadrà ai rilasciati? Saranno "riportati" in Italia? Chi fugge dai centri potrà essere arrestato dagli albanesi, configurando in questo caso un rischio di accusa di aver respinto chi è giunto su territorio Ue (leggi: italiano), lasciandolo a una giurisdizione extra Ue. Infine dove rimpatriare? Solo con la Tunisia l'accordo permette rimpatri effettivi. E gli altri? 

È bene ricordare che l'accordo britannico di "rimpatri" con il Ruanda è stato bloccato dai giudici inglesi. L'Austria ha provato a replicare l'accordo con il Ruanda ma la commissione dell'Ue ha negato l'autorizzazione. 

L'accordo, come si vede, suscita molti problemi di applicazione. Ci si domanda con il cardinale Matteo Zuppi se non sia "un'ammissione di non essere in grado di gestire il problema". Ci si chiede, ha detto il cardinale, «perché non venga sistemata meglio l'accoglienza qui». Infatti siamo tutti d`accordo - come dice il presidente della Conferenza episcopale italiana che ci voglia «un sistema di accoglienza che dia sicurezza a chi è accolto e a chi accoglie».


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 19/11/2023

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens...

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe...