Passa ai contenuti principali

Davos: affari e globalizzazione in un mondo in preda ai conflitti

Una immagine del World Economic Forum - 15 gennaio 2024 - Foto di World Economic Forum/Ciaran McCrickard

Al meeting annuale del Wef gli incontri cruciali sono quelli riservati tra imprenditori miliardari

Fondato nel 1971 e denominato dal 1987 World Economic Forum (Wef), Davos è un grande centro del gotha economico globale. Nel paese svizzero si radunano i giganti privati della manifattura, dell'energia e della finanza: qualche migliaio di leader in un'atmosfera sciolta, in cui è vietata la cravatta ed è consigliato vestire casual.

Tra piccoli hotel lussuosi e centri congresso s'incontrano i grandi della Terra senza ostacoli e scorte. In realtà, per il Forum, tutto il villaggio di Davos è off limits: si accede solo su invito e la polizia blocca i curiosi. Dai primi incontri per amministratori delegati dei gruppi industriali europei, il Wef si è aperto agli Usa, al Giappone e alle potenze emergenti. Poi Davos ha iniziato a ospitare leader politici, premi Nobel e anche leader religiosi. 

Dietro le quinte dei dibattiti, c'è la possibilità di stipulare affari lontano da occhi indiscreti. Nel ghiaccio e nella neve ogni dibattito risulta ovattato anche se il tema scotta: furono ospitati Mandela e de Klerk nel 1992, prima dell'accordo, o Arafat e Peres nel 1994. Nel 2017 fu accolto il leader cinese Xi Jin Ping. L'anno prima fu pure invitata la Corea del Nord, ma l'invito fu ritirato per le polemiche sui test nucleari. Negli ultimi anni Davos è stato teatro di scontri tra Cina e Usa. Star di Hollywood, presidenti americani, leader europei e asiatici si mescolano nei panel dedicati a temi di attualità. 

Ma è l'economia a farla da padrona: quest'anno si doveva parlare del mondo in guerra. È stato invitato anche il presidente ucraino Zelensky che ha provato a organizzare in Svizzera una "conferenza di pace di alto profilo", ma senza russi. 

Tuttavia la crisi economica tedesca è stata il focus reale. Se la seconda economia occidentale (terza mondiale) entra in fibrillazione, è un problema per tutti. Malgrado il tentativo di diventare una specie di Onu degli affari, nemmeno Davos può sottrarsi alle leggi della guerra: i russi non sono più invitati. I cinque giorni del Forum - quest'anno dal 15 al 19 gennaio - si svolgono con dibattiti (tutti in inglese) di varie dimensioni: dall'anfiteatro dove parlano i leader, alle salette di poche decine di partecipanti per un confronto faccia a faccia. 

Ma la parte più significativa in genere si svolge in colloqui riservati dentro gli hotel, dove si vedono i miliardari proprietari delle imprese e i loro amministratori: Davos è il loro meeting annuale per misurarsi sulle sfide più urgenti. Mentre nel centro congressi manager ed esperti illustravano le novità dell'intelligenza artificiale, tra imprenditori si parlava di anemia economica cinese, recessione tedesca, tassi di interesse volatili e inflazione. 

Le guerre hanno cambiato le carte in tavola per tutti: non sono un buon terreno per il commercio. Tutti sperano nella pace. Per i ricchi pace significa più affari e globalizzazione degli scambi. Ma questa è a rischio con le difficoltà della Via della Seta, il blocco del canale di Suez e la contrazione della domanda globale. 

Davos è cresciuta negli anni con l'orgoglio della globalizzazione economica (un processo che, si pensava, avrebbe risolto tanti problemi). Oggi fa i conti con un mondo di conflitti, in cui la politica è carente, mentre la contrapposizione è spesso la cifra dei rapporti tra Paesi. 


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 25/1/2024

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe