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Verso una guerra "più grande": chi crede ancora nella pace?

Putin tiene il discorso sullo stato della nazione al Parlamento russo il 29 Febbraio - Foto da President of Russia

Negli ultimi 2 anni sono stati investiti mille miliardi in armi. Solo il Papa cerca la via diplomatica

Un ambasciatore europeo, parlandomi del futuro, ha detto: «Se non ci sarà una guerra da qui al 2025...». Una guerra? Voleva dire una "guerra più grande" rispetto alle tante che si combattono, di cui non si vede la fine. Nell'orizzonte è scritta ormai la guerra, mentre la prospettiva di pace va scomparendo. Questa sensazione si è rafforzata nelle ultime settimane. 

Macron ha parlato di un possibile coinvolgimento delle truppe occidentali nella guerra in Ucraina. Sarebbe una "guerra più grande"? L'Eliseo ha poi chiarito: «Non si tratta di dichiarare guerra alla Russia». Altri hanno interpretato l'uscita del leader francese come un capitolo della sua battaglia contro Le Pen per le elezioni europee. Parecchi leader europei hanno gettato acqua sul fuoco. Il ministro degli Esteri italiano, Tajani, ha precisato accortamente: «Non dobbiamo far pensare che siamo in guerra con la Russia». 

Da parte sua Putin, nel discorso annuale sullo stato della nazione alle due camere del Parlamento russo (sembra sarà il suo unico intervento prima delle elezioni tra 15 giorni), ha avuto un tono bellicoso: «L'Occidente deve capire che anche noi abbiamo armi capaci di colpire bersagli nel loro territorio». Il rischio è la distruzione della civiltà: Putin ha ricordato il tragico destino di quanti hanno tentato d'invadere la Russia. Una realtà della storia di cui ci si è troppo dimenticati: i due ultimi secoli, con Napoleone e Hitler, hanno registrato la capacità russa, con il suo grande retroterra, di resistere a qualunque invasione. 

C'è negli Stati Uniti la possibilità di una vittoria elettorale di Trump, il quale ha previsto un disimpegno dall'Ucraina. Se vincesse e mantenesse questa posizione, sarebbe un dramma per l'Ucraina e una grave responsabilità per l'Europa, rimasta sola a sostenere Kiev. Ci ricordiamo tutti della decisione di Trump di abbandonare il Governo afgano, con la conseguente islamizzazione del Paese e tanti profughi. Tanta guerra per nulla! L'Europa, in caso di vittoria di Trump, si accoderebbe agli Stati Uniti come ha fatto in Afghanistan? Sarebbe una tragedia. Ma ce la farebbe da sola a restare al fianco degli ucraini? Sicuramente la Russia sarebbe più forte e ancor meno disponibile a un accordo.

L'infragilimento militare ucraino, dopo due pesanti anni di guerra, pone agli occidentali l'esigenza di nuove scelte. Guardando al futuro, si prospettano due ipotesi, entrambe drammatiche: la prima, che potremmo chiamare "dottrina Trump", è il disimpegno (che significherebbe sconfitta dell'Ucraina, mutilazione del suo territorio, inutilità di tanti sacrifici); l'altra è la "guerra più grande", un coinvolgimento più diretto dell'Occidente. 

In due anni, quasi mille miliardi sono stati investiti nella produzione di armi, mentre è fortemente cresciuto il valore dei titoli delle imprese che costruiscono armi. Più armi però non vuol dire più pace. Quale futuro? È necessaria una terza via. 

Bisogna immaginare con coraggio una via di pace, al di là della forbice drammatica tra l'abbandono dell'Ucraina e la "guerra più grande". Come? 

La pace va scritta nell'agenda della diplomazia internazionale per aprire nuovi canali, far passare messaggi e provare a parlarsi. Pochi finora l'hanno tentato. Il più notevole tentativo è quello di papa Francesco, che non si rassegna alla guerra.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 10/3/2024

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