La sede del Parlamento europeo a Bruxelles - Foto Creative Commons di TPCOM
Dopo le elezioni di giugno, l'Europa prepara i prossimi cinque anni. La procedura non cambia: prima il Consiglio europeo (i capi di Stato e di governo) indica i nomi; poi il Parlamento vota in segreto.
La maggioranza più probabile è quella composta da Popolari, Liberali e Socialdemocratici, ma - come la volta scorsa - necessita di qualche voto in più. Allora i 5 Stelle aiutarono Von der Leyen; oggi ci provano i conservatori di Giorgia Meloni, che siede anche in Consiglio. È la ragione della posizione della premier: far pesare i propri voti. Nel 2019 Von der Leyen fu confermata per pochi voti a causa di tanti franchi tiratori. Iniziò con la proposta del Green Deal, oggi criticato dal suo partito e abbandonato sotto i colpi del Covid e della guerra in Ucraina. Le priorità europee hanno avuto una svolta: ieri migrazioni e ambiente; oggi armi e Pnrr.
Il tema più urgente è sempre economico: i Paesi frugali e la Germania vogliono tornare alle regole dei vari patti pre-pandemia, all'austerità. L'Italia ha un debito in crescita: il risveglio potrebbe essere rude, come si vede dalle avvisaglie sulla legge di bilancio. Stesso problema per greci e francesi.
Purtroppo le difficili relazioni italo-francesi e l'instabilità in Francia non favoriscono la collaborazione. D'altronde il Pnrr procede abbastanza speditamente, seppure gli economisti siano sorpresi dal fatto che i denari investiti non spingano in su il Prodotto interno lordo nazionale. Sui soldi ci sarà molto da discutere, come avviene sempre tra europei.
L'altro grande tema è la guerra in Ucraina. La scelta di un alto rappresentante per la politica estera si dirige sulla premier estone Kaja Kallas: con la nomina già fatta dell'ex primo ministro olandese Mark Rutte alla Nato, rafforza l'opzione bellica. L'Europa pare dirci che la guerra continua e che la fornitura d'armi prosegue, sotto l'impulso degli americani che hanno aumentato il supporto in armi di lunga gittata.
Qualcuno ipotizza che sarebbe un modo per andare al negoziato garantendo, con queste nomine, la parte scettica sulla possibilità di accordo con i russi. Le urne americane a novembre diranno il futuro del conflitto. Le recenti aperture del presidente e autocrate russo Putin non hanno convinto gli occidentali, fermi - lo si è visto al G7 - sulla posizione del presidente ucraino Zelensky: prima i russi si ritirano e poi si dialoga. L'inverno prossimo, però, sarà durissimo per gli ucraini, perché la Russia ha colpito tutte le centrali che producono energia e calore.
E le migrazioni? Il patto sulle migrazioni e l'asilo, votato ad aprile scorso, stringe le maglie per entrare nell'Unione europea: anche i bambini di sei anni saranno identificati. Gli europei si rendono conto di avere bisogno di manodopera straniera per la crisi demografica in atto: il settore privato e i cittadini premono per aumentare gli ingressi, ma i governi si irrigidiscono.
È illogico. Intanto si continua a morire in mare, presso le coste italiane e greche. Che sta diventando l'Ue in un mondo globale senza più un impero e che si ristruttura nei rapporti di forza? Senza Europa i nostri Paesi sono niente, ma bisogna che l'Unione abbia una visione ampia del futuro, fondendo creativamente l'anima e i problemi del Sud con quelli del Nord, il diverso sentire sulla guerra e tanto altro.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 7/7/2024
Commenti
Posta un commento