Nell'infiammato scacchiere mediorientale oggi Teheran si muove con prudenza calcolata
Come Giano, l'Iran ha due volti. Da una parte il Paese della rivoluzione islamica, dei mollah onnipresenti nella società e soprattutto della costruzione dell'arco sciita che lo salda al Libano degli Hezbollah, all'Iraq delle milizie, agli Houti yemeniti, ad Hamas palestinese passando per la Siria di Assad.
Questo Iran spaventa Israele perché ha costruito "l'asse della resistenza" al posto del tramontato e meno organico "fronte del rifiuto", che andava da Algeri a Baghdad. È l'Iran potenza nucleare cui guardano quanti vogliono il ribaltamento in Medio Oriente e che preoccupa i vicini arabi. È l'Iran che resiste da trent'anni all'embargo occidentale, accusato di essere dietro attentati e destabilizzazioni in Oriente e in Europa.
C'è però l'altro Iran: una società che lotta per i diritti, un Paese moderno che si nasconde ma non cede, con le endemiche proteste giovanili o femminili, represse ma rinascenti. È l'Iran della recessione economica e delle rivolte del pane o dell'acqua (quasi ogni anno), il Paese delle minoranze (un mosaico di etnie). È l'Iran degli intellettuali, registi e scrittori che nutre l'anelito della libertà dei giovani. L'Iran delle donne, contro il velo e le restrizioni, quello di "Jin, Jiyan, Azadr: "donna, vita, libertà", che sfida i religiosi. Quale dei due Iran è destinato a prevalere? Si è sempre in bilico, come si vede a ogni elezione presidenziale, con la speranza che un "moderato" cambi le cose.
Ora molti sperano nel neoeletto Masoud Pezeskhian, che è entrato in carica a fine luglio, e che rappresenta l'Iran pluralista. Dopo la rivoluzione, l'Iran è cambiato: la spina dorsale sono oggi i Guardiani della Rivoluzione (pasdaran e basij) che guidano parte dell'economia, le forze armate e l'intelligence. Da milizia rivoluzionaria, sono diventati un esercito, strutturato nei gangli della società e con una politica estera. Nel processo post-rivoluzionario, dopo l'espulsione degli islamo-marxisti e la distruzione degli alleati di sinistra, i religiosi delle varie scuole teologiche hanno perso terreno a favore dei Guardiani. Questi hanno costruito una classe dirigente che ha rimpiazzato i disordinati ayatollah, sempre in polemica fra loro. Lo Stato è stato rilevato da un giovane ceto di laici militanti.
I Guardiani hanno armato gli Hezbollah libanesi. Grazie a loro, l'Iran è il fulcro di quanti si oppongono all'ordine israelo-americano in Medio Oriente, riuscendo a minare ogni tentativo di intesa, da Oslo agli Accordi di Abramo. Il risultato più eclatante di tale strategia è stata l'alleanza con Hamas, che è di provenienza "fratelli musulmani". Un'anomalia, se si pensa alla distanza che esiste tra l'estremismo sunnita e lo sciismo. Il riavvicinamento con l'Arabia Saudita - una volta nemico mortale - è segno di una pausa di riflessione del regime, come l'adesione ai Brics.
L'incertezza con cui si muove l'Iran dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre (del quale, a dire della guida suprema Khamenei, gli iraniani non erano informati) e il fatto di trattenere Hezbollah dalla guerra totale, sono segnali di prudenza calcolata. L'Iran è a un bivio: proseguire sulla strada dell'opposizione frontale o iniziare una lenta virata verso una politica negoziale, come qualche anno fa l'accordo sul nucleare civile aveva lasciato sperare.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 4/8/2024
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