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Il dovere del pontefice di dare dei vescovi alle diocesi in Cina

Papa Francesco saluta due vescovi cinesi durante il viaggio in Mongolia alla fine della messa - 3 Settembre 2023 - Foto Vatican Media

Rinnovato l'accordo fra Santa Sede e il Paese asiatico: prosegue il difficile compito di evangelizzazione

C'è una notizia che forse non tocca il grande pubblico, ma è importante: è stato rinnovato l'accordo provvisorio tra Santa Sede e Cina per altri due anni. Firmato per la prima volta nel 2018, è poi stato rinnovato nel 2020 e nel 2022. Il testo, segreto per il suo carattere provvisorio, permette la nomina dei vescovi con l'accordo delle parti. 

Non si tratta di rapporti diplomatici, ma di questioni religiose. Il Vaticano, seppure a basso livello di rappresentatività, ha una nunziatura a Taiwan. Nel 1951, il nunzio Riberi fu espulso dal regime comunista e finì per stabilirsi a Taiwan, dove risiedeva dal 1950 il Governo del presidente Chiang Kai-shek, sconfitto nella Cina continentale da Mao Zedong. Da allora è cominciata la dolorosa e complessa storia della Chiesa nella Cina comunista, la cui politica è esercitare un controllo sulle religioni. Il che ha portato alla divisione tra Chiesa cattolica ufficiale e la cosiddetta clandestina. 

La filosofia cinese fu espressa da Mao Zedong al leader comunista italiano Giancarlo Pajetta: «La sovranità nazionale si estende anche al regno dei cieli». L'accordo attuale, negoziato con pazienza, pur essendo di portata limitata è una deroga alla filosofia della sovranità fino al cielo. Le parti trovano un consenso sui candidati all`episcopato e l'ultima parola resta al Papa. 

Se il Vaticano mira alla libera nomina dei vescovi in tutto il mondo, nel tempo ha anche riconosciuto il potere degli Stati nelle nomine: il dittatore Franco aveva il diritto di presentazione dei vescovi al Vaticano; il presidente francese ha ereditato da Napoleone il diritto di nomina (teorico) dei vescovi di due regioni... Insomma, nei secoli il Vaticano ha modulato i processi di scelta dei vescovi secondo le circostanze e lo fa ora in Cina. 

Nel 2018, il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, aveva attaccato frontalmente la Santa Sede, affermando che il Vaticano «metterebbe a rischio la sua autorità morale, se rinnovasse l'accordo». L'attacco faceva parte della politica di contrapposizione alla Cina, che voleva la Santa Sede schierata con gli Stati Uniti e l'Occidente. Ma proprio questo il Vaticano ha tentato di evitare per un secolo e più, cercando di svincolarsi dalle potenze europee. La Chiesa cattolica non è Occidente (come pensava Mao Zedong), ma vuol essere cinese in Cina e per la Cina. Questo ha richiesto compromessi, che possono aver fatto soffrire quanti hanno resistito non accettando le imposizioni statali e coltivando la fedeltà al Papa, il quale però ha la responsabilità di favorire una Chiesa cattolica unita e di dare vescovi alle diocesi (ci sono 66 vescovi attivi riconosciuti, ma un terzo delle diocesi è ancora scoperto). 

Tra l'altro, la piccola comunità cattolica, nel grande oceano della popolazione cinese, ma anche a confronto con i neoprotestanti più numerosi e dinamici, si trova a misurarsi con la secolarizzazione, ma pure con lo spostamento verso le grandi città che allontana i fedeli da un ambiente tradizionale. La famiglia finora è stato il principale canale di trasmissione della fede. Nelle città i tempi di percorribilità sono lunghi e non è facile raggiungere una chiesa. La Chiesa ha bisogno di una guida e di un rilancio di fronte alle nuove sfide umane e alla grande prospettiva dell'evangelizzazione.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 24/11/2024




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