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L'avanzata sunnita manovrata dalla Turchia di Erdogan



In gioco ci sono altri conflitti, come quello di Ankara contro i curdi. Ma cosa farà Israele?

Quando gli aleppini si sono svegliati il 1° dicembre, il potere del Governo centrale si era liquefatto anche nella parte della città sempre accanitamente difesa da siriani e russi negli anni della guerra: mai passata in mano alle milizie radicali (che fino a otto anni fa occupavano la periferia). Per le strade di Aleppo circolano ora i jihadisti filoturchi. Lanciano messaggi rassicuranti. La gente si chiude in casa. Così fanno i pochi cristiani rimasti in quella che era la città con la presenza cristiana più forte della Siria, che arrivava quasi al 20%. 

Patrimonio dell'Umanità Unesco, Aleppo ha subito gravi distruzioni, tra cui l'antico minareto, risalente al 1090, che adornava la grande moschea. Resta ancora un sito di inestimabile valore e il suo museo contiene opere di grande significato. 

Come sarà gestito questo prezioso patrimonio? Bisogna però capire meglio chi sono gli occupanti.

Non si tratta di bande, ma di un esercito di circa 60.000 persone, formato con un lavoro di coesione tra tredici gruppi sunniti (fra loro rissosi) che hanno raggiunto l'unità e una buona organizzazione militare anche grazie ad Al Jolani, sunnita siriano. La forza d'urto è dilagata sull'autostrada tra Aleppo e Damasco, occupando il distretto di Idlib e Aleppo, arrivando a lambire quelli di Homs e Hama. 

L'autostrada è stata teatro di code impressionati e di ingorghi per il traffico di quanti fuggivano da Aleppo. L'origine dell'esercito jihadista non può nascondere la parentela con l`Isis nonostante i cambiamenti successivi. 

Ma dietro l'avanzata sunnita c'è Erdogan, che ha dato il via libera all'operazione. Del resto la Turchia non ha mai nascosto le sue mire su una parte della Siria e su Aleppo, dove vive una certa memoria ottomana. Si pensi che la tomba del ritenuto fondatore della dinastia Osmanli in territorio siriano era riconosciuta come enclave turca, con bandiera turca, sorvegliata da una guardia di Ankara. 

Il Governo turco poi ha il grave problema dei tanti profughi siriani sul suo territorio, che vorrebbe rientrassero in Siria, perché cominciano a essere motivo di scontento tra la popolazione turca. La Siria è indebolita dopo tanti bombardamenti mirati israeliani, mentre Hezbollah (pilastro della resistenza siriana) è sotto i colpi d'Israele e l'Iran si muove con molta prudenza. 

Inoltre la Russia, che pure non ha intenzione di perdere l'influenza sul Paese e il porto di Lattakia, è però impegnata nella guerra con l'Ucraina. Se la Siria entra in crisi, si può arrivare alla rottura dell'asse sciita che lega l'Iraq (in maggioranza sciita e con milizie controllate da Teheran), Damasco, governata dagli alauiti, e il Libano dove gli hezbollah erano dominanti. Una costruzione geopolitica che ha rafforzato l'influenza sciita-iraniana, ma la cui fine non dispiace ai sunniti, all'Arabia Saudita e ai Paesi del Golfo. 

Dentro la guerra più grande ci sono altri conflitti, come quello della Turchia contro il Rojava curdo e la presenza dei curdi in Siria. Quale sarà la risposta siriana? Il presidente al Assad ha minacciato una reazione forte. I russi hanno bombardato le forze filoturche. Tutto è poco chiaro: ci sono voci su sommovimenti anche nel Sud della Siria e nella capitale. 

L'ultimo interrogativo è su Israele, ostile alla Siria filoiraniana, che non vedrebbe male una sua scomposizione. La guerra genera altra guerra.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana 5/12/2024


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