Il presidente Mattarella interviene in occasione dell'incontro di fine d'anno con i rappresentanti delle istituzioni il 17 Dicembre - Foto Quirinale |
Il clima di guerra, l'odio e l'imbarbarimento del linguaggio minacciano la democrazia
Il presidente Mattarella ha tenuto, il 17 dicembre scorso, un discorso tanto impegnativo quanto preoccupato ai rappresentanti delle istituzioni. Sono preoccupazioni su cui conviene soffermarsi, perché il periodo attuale, come quadro internazionale e come società italiana, è caratterizzato da una transizione profonda, non chiara nei suoi esiti.
È un tempo segnato dalla guerra e dalla scomparsa - lo abbiamo più volte segnalato anche su queste pagine - della pace come prospettiva globale. Mattarella, da parte sua, ha detto: «Oggi prevale il conflitto. La politica e la diplomazia appaiono sovente accantonate dalla scelta delle armi, operata da chi ha dato avvio alla guerra. Le istituzioni sovranazionali ne risultano indebolite».
Questo si riflette sull'inasprimento del linguaggio tra i governi, mentre perde vigore la diplomazia e le istituzioni internazionali (al servizio del bene comune della pace) sono marginalizzate. Tuttavia le relazioni internazionali non sono un mondo a parte rispetto alla società civile.
In proposito il presidente Mattarella ha espresso un'altra seria preoccupazione: i danni che il clima di guerra e il linguaggio dell'odio producono «sulle donne e gli uomini di domani, sui loro sentimenti, sulla loro percezione della realtà e sul modo di organizzare la convivenza». Ha aggiunto: «Le immagini trasmesse dalle guerre seminano in profondità, anche in chi non ne è direttamente coinvolto, paura, inimicizia, divisione, odio, barriere di ogni tipo. Abituandosi a convivere con l'odio si rischia di diffonderlo, di renderlo inestinguibile».
Per accorgersi di questo, basta guardare alla diffusione della violenza, anche tra i giovani, ai femminicidi, all'imbarbarimento del linguaggio della politica e della comunicazione. E qui Mattarella ha espresso un monito da ascoltare: «Non possiamo rassegnarci al disordine e al conflitto permanente».
Questo riguarda la "polarizzazione", ormai abituale nel dibattito politico, come si vede nelle aule parlamentari oltre che, ovviamente, sulla stampa e i media. La politica troppo spesso non parla il linguaggio del dialogo e del confronto. Il presidente ha denunciato una «progressiva polarizzazione che tocca tanti aspetti della nostra convivenza». Siamo nella "stagione della forza", ha scritto Ezio Mauro. L'esibizione della forza attraverso l'aggressività domina la scena pubblica e anche i quadri privati della vita sociale. Spesso si creano radicalizzazioni artificiali per ottenere visibilità.
Questo infragilisce la democrazia, come segnala Mattarella, ma anche un imbarbarimento delle relazioni interpersonali. Anche perché - egli nota - «la nostra umanità si esprime anzitutto in relazioni, Nel vivere insieme agli altri. Nel condividere. Nel fare comunità». Si spegne soprattutto il dialogo, così significativo in politica, nella ricerca, nella cultura, ma soprattutto nella vita quotidiana, perché spesso, nello stesso ambiente, si convive tra gente diversa. Papa Francesco una volta esclamò, e a ragione: «Il mondo soffoca senza dialogo», Certo questa polarizzazione è frutto di una società verticalizzata, in cui si sono dissolti tanti "noi" e corpi intermedi, ambienti di dialogo e scuole di convivenza.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 5/1/2025
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