La riapertura di Notre-Dame il 7 Dicembre - Foto Diocesi di Parigi © Julio Piatti / Notre-Dame de Paris |
La riapertura ci ricorda che siamo gli eredi di un passato più grande di noi
L'incendio della basilica di Notre-Dame a Parigi, la notte tra il 15 e il 16 aprile 2019, ha lasciato il mondo con il fiato sospeso. Lo si è visto dall'imponente raccolta per la sua ricostruzione, 900 milioni offerti da 340 mila donatori. Altre cattedrali francesi hanno subito gravi incidenti, ma non hanno suscitato queste emozioni.
C'è però un interrogativo di fondo di fronte a quanto accaduto alla basilica: l'incendio ha simbolizzato per alcuni la crisi "terminale" della Chiesa in Francia e in Europa. Se Notre-Dame bruciava, forse anche la Chiesa stava bruciando vista la riduzione dei fedeli, dei preti e dei religiosi, l'accorpamento delle parrocchie, il calo della pratica religiosa. La Chiesa brucia? Ho lanciato questa domanda in un libro di qualche anno fa...
Sabato e domenica, 7 e 8 dicembre 2024, ero sotto le volte di Notre-Dame per la riapertura della basilica, bella e luminosa come mai avevamo visto. Lo stupore per la bellezza si accompagnava a quello per il rispetto dei termini per la ricostruzione: cinque anni. La vera questione è come rinasce Notre-Dame dalla distruzione. Come un monumento restaurato, pronto ad essere ammirato, o come cattedrale? La Chiesa che è bruciata è risorta o è solo restaurata?
In cinque anni non s'inverte un processo storico di secolarizzazione, tuttavia si deve all'intelligenza dell'arcivescovo di Parigi, monsignor Ulrich, e del presidente Macron il fatto che l'inaugurazione sia stata un messaggio. L'elemento statale (la cattedrale appartiene alla Repubblica) non ha prevalso su quello religioso.
Il cuore dell'inaugurazione è stata una liturgia: i vespri del sabato e la consacrazione dell'altare la domenica. La presenza delle autorità ha mostrato come la vita spirituale non sia un fatto privato. Macron ha preso la parola di fronte a Trump e Musk, i sovrani del Belgio, il presidente Mattarella e quello tedesco, presidenti africani, il principe di Galles, la Meloni e tanti altri.
Vorrei ricordare una frase di Macron: «La nostra cattedrale ci ricorda che siamo gli eredi di un passato più grande di noi e che può ogni giorno scomparire, e gli attori di un'epoca che dobbiamo trasmettere». Ma il presidente della Francia laica ha anche aggiunto: «La nostra cattedrale ci dice quanto il senso, la trascendenza, ci aiutano a vivere nel mondo. Trasmettere e sperare». La Chiesa, da parte sua, non ha celebrato la supremazia dello spirito sulla politica, ma si è collocata sul terreno della Parola di Dio.
Lo scenario della cattedrale ha ricordato come fede e liturgia hanno costruito una grande storia e una grande cultura. Il futuro non è ripetere il passato. Ma fede, ascolto della Parola, liturgia, generano un popolo credente, donne e uomini migliori, dediti agli altri. La Chiesa è sterile quando ha paura e si vergogna dei suoi "poveri tesori". L'arcivescovo, rimettendo nell'altare le reliquie dei santi e dei martiri, riconsacrandolo, ha mostrato la volontà di celebrare l'Eucarestia con il popolo. Partire da questo genera un popolo nella basilica di Notre-Dame, come nelle periferie e nelle campagne, genera la Chiesa. Dall'altare di Notre-Dame, riconsacrato, è partito un messaggio che ha toccato credenti e non credenti. La Chiesa non è sterile, se ha l'audacia della fede e della liturgia che da secoli l'accompagna.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 29/12/2024
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