La Chiesa cattolica crede in un multilateralismo fondato sul dialogo e sul mutuo rispetto
Donald Trump si confronta con l'universalismo di papa Francesco. Due prospettive molto diverse, anche se la Santa Sede ha reagito all'elezione in modo diplomatico con un messaggio del Papa che chiede a Dio «sapienza, forza e protezione» per il neoeletto. Già il Papa ha manifestato al presidente le sue preoccupazioni: «Ispirato dagli ideali della Nazione, terra di opportunità e di accoglienza per tutti, spero che sotto la Sua guida il popolo americano prosperi e si impegni sempre nella costruzione di una società più giusta, in cui non ci sia spazio per l'odio, la discriminazione o l'esclusione».
Trump però va verso una rapida e radicale espulsione dei migranti. Francesco ha detto nella trasmissione Che tempo che fa a Fabio Fazio: «Se è vero, sarà una disgrazia, perché fa pagare ai poveri disgraziati che non hanno nulla il conto dello squilibrio».
Su questa posizione è schierata in modo abbastanza compatto la Chiesa cattolica americana, che pure, in parte - anche nell'episcopato - non vede sempre con favore il Papa. Questi, peraltro, ha da poco nominato arcivescovo di Washington il cardinale Mc Elroy, vicino al suo sentire, che aveva dichiarato sulla campagna contro gli immigrati: «Dobbiamo ostacolare coloro che ci addestrano a vedere uomini, donne e bambini musulmani come fonti di paura, invece che come figli di Dio».
I valori gridati da Trump rappresentano per gli americani, specie bianchi, spaesati o impoveriti, uno scudo protettivo in un mondo cambiato. Non è l'idea di Francesco che non crede alla prospettiva delle battaglie, ma a una comunicazione misericordiosa.
Il messaggio di Francesco a Trump contiene un capitolo importante: la «promozione della pace e della riconciliazione tra i popoli». In Vaticano si spera che l'intervento di Trump ponga fine alla guerra nella «martoriata Ucraina», per usare le sue parole, senza umiliarla.
Meno vicine sono le posizioni sul Medio Oriente, dove Trump è sensibile alle esigenze di Netanyahu. Ma il presidente, che persegue un grande disegno per la regione, deve far i conti anche con le esigenze dei sauditi e dei turchi.
Nel discorso inaugurale, Trump ha dichiarato di voler fare degli Stati Uniti quello che sono chiamati ad essere: una nazione orgogliosa di sé, rispettata nel mondo, con un esercito forte. Un discorso imperiale, a tratti aggressivo, ma non favorevole alla guerra: «Il nostro potere fermerà tutte le guerre e porterà un nuovo spirito di unità a un mondo che è diventato arrabbiato, violento e del tutto imprevedibile». Che uno spirito di unità sia da affermare nel mondo, bandendo violenza e odio, è nel cuore della visione di papa Francesco.
C'è però una grande differenza tra la visione di Trump e quella del Papa, non solo sua, ma della Chiesa cattolica. Questa crede in un "bene comune mondiale", di cui la pace è la prima espressione e al cui servizio sono le istituzioni internazionali. Oggi si misura con nuovi "imperi", tanto diversi tra loro: Usa, Cina, ma anche India. Nella sua storia è abituata a convivere con gli "imperi" e mira alla realizzazione di una politica di pace.
Crede in un multilateralismo, fondato sul dialogo e il rispetto mutuo. Ma tale multilateralismo sembra andare stretto a Trump e alla sua America.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 2/2/2025
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