Un gruppo di bambini e di giovani ucraini costretto ad interrompere le attività per trovare riparo in un rifugio antiaereo - Foto Sant'Egidio |
L'incontro con Putin è una buona notizia, perché la diplomazia resta l'unica via per la pace, ma...
Donald Trump e Vladimir Putin forse si incontreranno in Arabia Saudita. É una buona notizia: il primo risultato dello scambio riservato tra le due capitali. I russi hanno confermato l'annuncio degli americani sostenendo che la preparazione del vertice è già iniziata.
Con la sua mossa Trump ha riconosciuto a Putin il suo stesso livello. La Russia è considerata alla pari, come Mosca chiede dai tempi di Obama che l'aveva derubricata a "potenza regionale". Gli imperi vogliono mettere ordine nel caos: sembra questa l'intenzione di Trump. Sull'Ucraina l'idea dell`amministrazione Usa è dare subito il via alla tregua e poi negoziare sulla base dei propri interessi (terre rare ecc.).
Dopo la telefonata con il leader russo, il tycoon ha chiamato Zelensky: non conviene umiliare gli ucraini aggrediti proditoriamente dalla Russia e che si sono difesi con eroismo. Trump non vuole dare l'impressione di "fuggire", come fu per Biden in Afghanistan, tuttavia il presidente vuole disfarsi di una guerra che reputa troppo sanguinosa e strategicamente inutile.
In questo quadro gli europei - che Trump non ha consultato - sono in grande difficoltà. Pesano i loro atteggiamenti ideologici e bellicisti, che hanno negato ogni possibilità d'incontro diplomatico per la fine del conflitto. In questi anni chi parlava di trattativa, dialogo o pace è stato accusato di ingenuità o tradimento. Certo la responsabilità di una guerra sanguinosa ricade tutta sul Cremlino. C`è però da chiedersi perché la scelta europea sia stata quella di trascurare la diplomazia.
Lo si capisce nella logica dei Paesi nordici, ma soprattutto dei baltici e della Polonia, che sentono viva la minaccia russa. Ma l'opzione unica delle armi non potrà mai costituire la soluzione dei rapporti euro-russi. Questa guerra lo ha dimostrato.
Sembra che l'Europa abbia perso memoria di quando, per uscire dalla Guerra fredda, scelse la via creativa dell'approccio multilaterale e la diplomazia della pace. Esiste una densa storia di costruzione di un'architettura politica e di diritto internazionale, nata in Europa, inclusa l'integrazione europea.
Al contrario in questi anni si sono sentiti toni nazionalisti che non risuonavano più in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, senza contare la molta propaganda di guerra che ha nascosto veri affari come i 100 miliardi di dollari guadagnati dalla Norvegia sostituendosi al gas russo (ben più di quanto Oslo abbia investito per aiutare l'Ucraina). Con una pace che si annuncia difficile e piena di rinunce, l'Europa si trova ai margini.
Avrà un ruolo nella ricostruzione. Washington ha annunciato che Kyiv non potrà entrare nella Nato e che si farà un accordo per la sua sicurezza assieme ai russi.
Resta la tragedia di un'Ucraina dissanguata da anni di guerra impari, per cui una generazione ha tanto sofferto. Restano sei milioni di ucraini all'estero, che forse non torneranno più nel loro Paese. E resta una nazione piena di mutilati, di traumatizzati, oltre che di rovine. Perché la guerra si è combattuta sostanzialmente nel Paese.
E gli ucraini hanno pagato il prezzo del conflitto. Uscendo dalla sbornia bellica, gli europei potrebbero ora pensare a riabilitare la pace, offrendo agli amici ucraini l'aiuto necessario, evitando di concentrarsi soltanto su un bilancio di dare e avere come sono troppo abituati a fare.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 23/2/2025
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