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La riproduzione tridimensionale della conferenza di Bandung esposta nel museo che ricorda l'evento - Foto Sant'Egidio |
Il confronto con quest'area del mondo impone azioni fondate sul dialogo tra culture e religioni
L'Occidente vive una crisi tra gli Usa di Trump e l'Europa: il futuro dell'Ucraina, aggredita dalla Russia e in guerra, è al centro del dibattito. Gli europei lo sentono come una grave questione mondiale. Ma gran parte del mondo, specie l'Asia, vede il problema in modo relativo.
Una grande potenza, la Cina, ha un'altra agenda. L'India, ormai il Paese più popoloso del pianeta, che non ha una politica internazionale impegnata come la Cina, pesa però a livello politico e economico. È la più grande democrazia del mondo, ma sta subendo una trasformazione in senso autoritario con il Governo Modi, fondato sull'ideologia nazionalista dell'hindutva, un induismo politico nativista e anti-islamico, nato negli anni Venti con un debito verso i fascismi europei. La politica nazionalista crea seri problemi alle minoranze, i cristiani ma soprattutto i musulmani, 140 milioni, la terza comunità islamica del mondo dopo Indonesia (210 milioni) e Pakistan (166 milioni).
I musulmani soffrono una politica discriminatoria. L'islam arabo ha un primato storico, ma l`Asia ospita i più grandi Paesi musulmani, che hanno creato realtà originali, come l'islam confraternale indonesiano o il sufismo indiano, misticismo islamico che risente anche del rapporto con l'induismo.
Ho visitato, pochi giorni fa, la città indonesiana di Bandung dove, nel 1955, si tenne la conferenza Asia-Africa sulla via della decolonizzazione: è l`inizio del movimento dei Paesi non allineati, che volevano rappresentare una posizione terza ("il Terzo Mondo") nella Guerra fredda tra Est e Ovest. Ho visitato il palazzo, dove ci fu la conferenza, ora museo, con i ricordi del promotore, il presidente indonesiano Sukarno, dell'indiano Nehru, dell'egiziano Nasser, del cinese Ciu En Lai.
Bandung è la prima grande iniziativa internazionale non occidentale, all'origine di tante altre che, in maniera crescente e autonoma, oggi il Sud del mondo sta sviluppando. Se l'influenza mondiale della Cina è nota, non va trascurato il ruolo degli altri Paesi asiatici.
Ad esempio l'Indonesia, con le sue 17 mila isole, a maggioranza musulmana, ha realizzato - nonostante qualche tensione - stabilità politica e convivenza interreligiosa con le minoranze, tra cui i cristiani. Il recente viaggio di papa Francesco nel Paese è stato un grande successo anche presso i musulmani.
Il papa ha percorso il "tunnel della tolleranza", voluto dal Governo, che unisce la cattedrale cattolica e la grande moschea Istiqlal, passando sotto la piazza Merdeka, che celebra l'indipendenza. Del resto il motto nazionale è Bhinneka tunggal ika ("Molti, ma uno"), che fa riferimento alla "civiltà del vivere insieme" nelle diversità etniche e religiose, una delle sfide del mondo globale.
Il pluralismo caratterizza la vita di tutti i Paesi del mondo: l'arrivo dei migranti impone la capacità di integrare e di realizzare convivenze plurali nell'unità di una nazione. Anche la comunità internazionale è segnata dal pluralismo, con importanti Stati, come alcuni asiatici, destinati a un ruolo di rilievo. Quindi la comunità internazionale deve essere multipolare, abitata da un'azione diplomatica intensa e rispettosa, ma anche dal dialogo tra culture e religioni. L'Europa, preziosa riserva di umanesimo oltre che potenza economica - se vuole esistere e contare - non può presentarsi divisa all'appuntamento della storia di questo secolo.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 9/3/2025
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