Passa ai contenuti principali

Stati Uniti e Russia si sono trovati d'accordo sulla fine del conflitto in Ucraina - troppi un milione di morti e feriti - ma ci vorrà tempo per la composizione dei vari interessi



L'incontro a Gedda tra la delegazione statunitense e quella ucraina l'11 Marzo

Le presidenze "muscolari" di Russia e Stati Uniti costringono l'Unione a ripensare al proprio ruolo

Mezza tregua: questo il risultato del primo colloquio tra Donald Trump e Vladimir Putin. Gli Usa hanno fatto un vistoso passo indietro rispetto a Joe Biden, riconoscendo a Mosca una partnership. Al primo passo seguirà il negoziato per la tregua completa e un accordo sul Mar Nero. C'è stato lo scambio di prigionieri: i russi si sono impegnati a rilasciare i bambini rapiti. Infine si tratterà per concludere la contesa. Stati Uniti e Russia si sono trovati d'accordo sulla fine del conflitto - troppi un milione di morti e feriti - ma ci vorrà tempo per la composizione dei vari interessi. Da considerare il fatto che i due leader hanno parlato anche di energia, dollaro, Artico e Marte: i russi si sono detti interessati a discutere con Elon Musk. 

Il dialogo affronta le narrazioni contrapposte sulle responsabilità della guerra, con la necessità di salvare la faccia ai leader coinvolti a vario titolo. La Russia cerca di dimostrare le sue ragioni (gli interessi vitali di sicurezza, si dice a Mosca) per cui ha fatto ricorso alle armi dopo anni di denuncia della situazione. L'Ucraina giustamente insiste sull'integrità territoriale e sul fatto di essere stata aggredita in violazione alle regole internazionali. 

C'è un'ambiguità dovuta al fatto che le superpotenze - in possesso dell'arma nucleare - non ragionano secondo le regole comuni, ma si pensano titolari di "poteri speciali" che permettono deroghe. È la politica delle rispettive zone d'influenza che la Russia ha visto erodersi dal 1991, ma che ritroviamo nei discorsi di Trump su Canada e Groenlandia o in quelli di Pechino su Taiwan e sul diritto di libero accesso al Mar Cinese meridionale e all'Oceano Pacifico. Le superpotenze seguono una logica di potenza, che ben si attaglia a questo tempo in cui la guerra è rivalutata come strumento per affermare i propri interessi. 

Davanti al ritorno della forza è naturale che l'Europa si preoccupi: con il processo di integrazione il continente ha elaborato un'idea diversa di sé e della politica globale, più dialogica e basata sul diritto internazionale. Non a caso l'Europa è definita una superpotenza normativa, oggi in crisi. Che fare? Armarsi è pericoloso: ogni arma porta la tentazione di essere utilizzata. Cechov diceva che «se nel primo atto di una pièce c'è un fucile appeso al muro, nel secondo o terzo sarà utilizzato»: armarsi ciascun per sé è rischioso: nazionalismo e armi da sempre sono un pessimo binomio in Europa.

Infine prepararsi alla guerra è illusorio per un continente in cui la media dell'età è di 43 anni (48 per l'Italia). L'Europa fatica a comprendere la "strana" mentalità delle dirigenze russa e americana. Non che la si debba condividere: l'autonomia strategica europea serve a proteggere la nostra democrazia e libertà. Ma c'è una realtà da gestire. Accettare la trattativa significa per gli europei ritagliarsi un ruolo e ingrandirlo pazientemente domani. 

La politica della forza inaugurata dalla Russia non durerà per sempre: il mondo avrà presto bisogno di un nuovo ordine internazionale in cui gli istinti delle superpotenze potranno essere riequilibrati dalla ragionevolezza europea. Basta che gli europei si mettano d'accordo e non si facciano guidare da cattive consigliere come rabbia e orgoglio. I leader europei devono avere una visione meno dominata dalla loro origine geopolitica: l'Europa è un mondo nel mondo e non solo una frontiera.


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 30/3/2025



Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens...

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe...